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Le proposte dei partiti per affrontare l'inverno demografico

In Italia ci si è accorti, finalmente, della crisi delle nascite. Anche le forze politiche hanno iniziato a parlarne ma, spiega il professor Golini, le loro soluzioni sono “a rischio inefficacia” 

“Da qualche tempo assistiamo a un fatto positivo: in Italia si parla sempre più della crisi demografica, anche la politica sembra aver aperto gli occhi”. Antonio Golini, professore emerito alla Sapienza di Roma e docente alla LUISS, socio dell’Accademia dei Lincei e già presidente dell’ISTAT, studia da una vita l’evoluzione delle popolazioni. Commentando con LUISS Open le proposte dei principali partiti politici sulla demografia, esordisce osservando una “ritrovata consapevolezza” in materia durante la campagna elettorale: “Ciò dipende da due fattori. Primo: l’immigrazione è al centro dell’attenzione dei cittadini, legata com’è anche allo spopolamento e all’invecchiamento degli italiani. In secondo luogo, la denatalità nel nostro paese è di così lunga durata da aver alla fine attirato l’interesse dei politici, anche perché nel frattempo si è incrinato il legame fra problema demografico e fascismo che aveva impedito perfino di riconoscere o di parlare del problema”.

 

I numeri dell’inverno demografico italiano

Per Golini, “l’Italia è imprigionata in una trappola demografica per il ridottissimo numero di nati: il nuovo record negativo, 464mila nel 2017, significherà inesorabilmente un ridottissimo numero di adulti e di genitori fra 25-35 anni, cioè fra il 2042 e il 2052, mentre altrettanto inesorabilmente aumenterà il numero di anziani e vecchi, frutto della crescente longevità delle affollate generazioni nate nel lontano passato”. In questa prospettiva, “si è portati a pensare che ‘demography is a destiny’ e che quindi poco o nulla si possa fare per invertire le tendenze. Ma è così solo parzialmente: la demografia ha tempi lunghi e tendenze forti, ma è comunque in una certa misura gestibile anche con le politiche, che peraltro finora si sono dimostrate efficaci nel ridurre la fecondità ma molto di meno nell’innalzarla”.

 

 

Quanto ai programmi dei partiti italiani in vista delle elezioni politiche del 4 marzo, Golini apprezza l’idea – messa nera su bianco da centrodestra e Movimento 5 Stelle – di riformare il sistema fiscale per incentivare le nascite: “Inserire un quoziente familiare sarebbe davvero importante, perché oggi – stante anche l’attuale sistema fiscale del nostro Paese – c’è giustamente la libertà di avere nessuno oppure un solo figlio ma non esiste la pari opportunità di averne tre o quattro di figli. Di quoziente familiare però si parla da anni, salvo poi non attuarlo adducendo ragioni di costi troppo gravosi”. Così come Golini non disdegna l’idea di un assegno familiare di 400 euro al mese per i primi sei anni di vita (Fratelli d’Italia, centrodestra) o fino al diciottesimo anno un di vita (Lega, centrodestra), ma mette in guardia: “Queste sono misure che, ancora più del quoziente familiare sui cui sarebbe più difficile tornare indietro una volta introdotto, risultano del tutto inefficaci se non sono considerate permanenti o quantomeno valide nel lungo periodo dagli stessi cittadini. I quali, quando scelgono se avere o meno un figlio, si confrontano naturalmente con scelte e cambiamenti di vita di lungo termine”. Fra le proposte del Partito democratico, che promette anch’esso 240 euro di detrazione Irpef mensile per i figli a carico fino a 18 anni e 80 euro per i figli fino a 26 anni (“bene la modulazione della proposta nel lungo termine”, ribadisce Golini), il professore apprezza in particolare l’enfasi sul lavoro: “Valuto positivamente l’idea di rendere obbligatoria la concessione del lavoro agile, o smart work, per la fase di rientro al lavoro dopo la maternità, così come l’estensione a 10 giorni del congedo obbligatorio per i padri. La flessibilità dei rapporti di lavoro è oggi fondamentale per facilitare la convivenza tra maternità e occupazione”.

 

L’efficacia di ogni soluzione proposta, ragiona Golini, sarebbe comunque nulla se i partiti continueranno a concentrarsi “solo sul breve termine, attraverso bonus effimeri”, e se le misure non si inserissero pure “in un auspicabile cambiamento culturale che – come altrove in Europa – renda evidente il fatto che avere figli, per chi possa farlo, equivale a contribuire alla vitalità e al progresso di una società”.

 

Immigrazione, fra chimere irrealizzabili e controlli necessari

L’immigrazione in aumento può correggere gli squilibri di una demografia calante? “Qui il discorso è complesso, a volte sento fare ragionamenti troppo semplicistici – replica Golini – Per valutare l’impatto del fenomeno migratorio sulle società ospitanti, occorre infatti considerare la disponibilità di lavoro e la qualità dello stesso, in quanto l’afflusso di immigrati garantisce anche un equilibrio nel mercato del lavoro oltre che nella struttura demografica. Da una parte è indubbio che gli immigrati aiutano a sostenere l’economia, inserendosi oggi perlopiù nella fascia di lavori a bassa qualificazione, e quindi direttamente e indirettamente puntellano la demografia del paese. D’altra parte però oggi in Italia attraversiamo una fase di carenza di domanda di lavoro, soprattutto per i lavori della fascia intermedia di qualificazione e quindi l’afflusso andrebbe possibilmente regolato”.

 

Detto ciò, tra le “chimere” agitate dai partiti in materia di immigrazione, Golini inserisce senz’altro l’espulsione di tutti gli immigrati clandestini proposta da Forza Italia e Lega (centrodestra): “Una chimera politica e anche economica. Fra costo dell’eventuale accompagnamento con impiego di forze dell’ordine, costo del trasporto, disponibilità dei paesi d’origine, ecco una proposta chiaramente irrealizzabile”. D’altronde è certo che si debba tentare di regolare i flussi in ingresso dal Mediterraneo: “Fra qui e il 2100, la popolazione dell’Africa arriverà a oltre 4 miliardi di persone, dagli attuali 1,2 miliardi. Quella dell’intera Europa resterà stabile intorno a circa 750 milioni – osserva Golini – L’espulsione più o meno intensa di popolazione dal continente africano sarà inevitabile e altrettanto lo sarà l’afflusso in quello europeo”. Un “piano Marshall per l’Africa” come quello proposto da Forza Italia, oppure l’“aiutarli davvero a casa loro” del Partito democratico? “L’Unione europea potrebbe tentare effettivamente di favorire lo sviluppo del continente africano. E’ assolutamente necessario ma dobbiamo dirci la verità: per almeno 10-20 anni, lo sviluppo economico dell’Africa subsahariana accrescerà l’offerta di migranti. Perché l’ammodernamento dell’agricoltura africana causerà l’espulsione di un numero crescente di giovani potenziali lavoratori da quel mercato, facendoli in parte volgere verso l’Europa”.

 

Golini in linea di principio è d’accordo col Partito democratico che vorrebbe (a) delegare all’Europa il controllo delle frontiere esterne del continente, (b) accogliere i rifugiati politici ma nel quadro di una revisione degli accordi di Dublino, (c) introdurre quote comuni europee di migranti da accettare. Tuttavia avanza un dubbio di fondo: “Cos’è oggi l’Unione europea? Esiste davvero una sintonia di obiettivi, di appartenenza e di destino? Dal mio punto di vista si è perso largamente ogni senso di appartenenza all’Europa, e questo rende difficile puntare tutte le carte su Bruxelles per gestire il fenomeno migratorio”. Perciò il docente è favorevole al tentativo attuato dall’Italia di stringere accordi con i paesi della sponda sud del Mediterraneo per regolare i flussi dei migranti.

 

Infine una critica ai partiti politici italiani: “Dedicano scarsa attenzione e sollecitazione al tema della immigrazione legale e delle quote di ingresso di immigrati per motivi economici…”. La lista Più Europa (centrosinistra) propone l’introduzione di un permesso di soggiorno temporaneo per ricerca di lavoro, tramite l’azione di intermediazione pubblica e privata tra datori di lavoro e immigrati: “Un permesso di soggiorno temporaneo? E quando scade questo permesso, cosa succede? Ecco che torniamo a evocare chimere, proprio come quella di poter espellere tutti i clandestini. In verità occorre una politica organica e completa sui problemi dell’immigrazione che in ogni caso non sembra poter essere gestita in tutti gli aspetti”, conclude Golini.

 

Questo articolo è pubblicato anche su LUISS Open, research magazine dell’Università LUISS