Beppe Grillo (foto LaPresse)

Dal Lazio alla Sicilia, storie di dossieraggio grillino

Marianna Rizzini

A ogni vigilia di elezione qualcosa si inceppa nel meccanismo del Movimento che vuole evitare di ammettere di avere, come tutti, le “correnti”

Roma. A ogni vigilia di elezione qualcosa si inceppa, nel meccanismo non-partitico del movimento che partito non vuol essere: succede infatti, quando qualche Regionaria o Comunaria incombe, che la realtà assalga l’utopia-distopia dei non statuti e dell’emersione “dal basso” dei nomi buoni per concorrere. A non voler essere partito, infatti, e a non voler ammettere che è impossibile valere tutti uno e che una candidatura, cosa normale altrove, possa valere più di altre o comunque volersi misurare con quelle che piacciono ai vertici, si rischia di finire schiacciati dal peso delle non-regole: attivisti scatenati, dossieraggi, ordalia telematica con finale mannaia tribunalizia (quando si litiga per firme false, liste e loghi) o via blog, dove Beppe Grillo ridice la cosa in cui, a giudicare dai fatti, non credono più neanche i Cinque stelle: non abbiamo correnti e non dobbiamo averne.

  

Ultima volta due giorni fa, quando, nell’anticamera pre-Regionarie nel Lazio (previste oggi sulla piattaforma Rousseau), è esplosa via web la faida che affonda le sue radici nell’antica divisione in correnti Raggi-Lombardi: proprio correnti, anche se appunto la parola è rimossa per regio decreto grillesco. I fatti, in un partito-partito, non sarebbero in sé scandalosi: Lombardi si candida, ma non è l’unica candidata. Ci sono anche, come nomi di peso, il consigliere regionale ed ex candidato governatore per il M5s Davide Barillari e la consigliera regionale nonché storica militante grillina Valentina Corrado (di area Virginia Raggi). A un certo punto, il Messaggero pubblica una mail di endorsement alla candidatura Corrado inviata ai militanti cinque stelle e partita da Pomezia, dall’account ufficiale del M5s della cittadina laziale (motivo per cui, dall’opposta area Lombardi-Barillari ,si insorge accusando il sindaco cinque stelle di Pomezia Fabio Fucci).

 

 

Che cosa c’era scritto nella mail? Cose che voi umani avete visto in qualsiasi competizione interna a una formazione politica, dove non è un delitto tifare per questo o quell’esponente di minoranza o maggioranza interna (anche detta “corrente”). Nella mail pubblicata dal Messaggero si invitava a “votare Valentina Corrado per esportare il modello Pomezia in tutta la Regione”. E però nel M5s, dove ufficiosamente si fa come dappertutto (schierandosi per questo o per quello e sperando di vincere la battaglia interna), ufficialmente è stato troppo. Ed è stato subito scatto pavloviano: “La corrente no!”. Scatto ad occhi profani spropositato, con “verifiche” fantomatiche in partenza dai vertici casaleggiani e profluvio via Facebook di accuse e controaccuse, con Barillari convinto che “le regole” debbano “valere per tutti”, ché “i sindaci e i singoli meetup non possono assolutamente influenzare il voto, altrimenti la votazione non è trasparente né regolare”, e con Grillo che addirittura assicurava di aver “avviato istruttoria per accertare i fatti” presso “il collegio dei probiviri” e invitava alla delazione contro i trasgressori, ché il M5s “prende le distanze da tutti coloro che mettano in atto endorsement, cordate o altri tipi di promozione tipici dei vecchi partiti… pertanto, chi viene a conoscenza di azioni di questo tipo è invitato a segnalare chi le compie”. Non solo: “si ricorda”, diceva un Grillo leguleio, “che l’utilizzo degli strumenti ufficiali di comunicazione nella disponibilità dei portavoce del M5s per sponsorizzare i candidati si configura come compimento di atti diretti ad alterare il regolare svolgimento delle procedure per la selezione”. Intanto si scatenavano anche, via social network, la senatrice Paola Taverna, lo stesso Fucci e di nuovo Barillari, che ieri accusava Corrado di essere stata “compiacente” a proposito del “boicottaggio” del progetto “Libro bianco salute 2018”.

 

E se nel Lazio si piange, non si ride in Sicilia, dove il veleno colpisce mentre il voto regionale di novembre si avvicina: il candidato governatore di M5s Giancarlo Cancelleri, infatti, alle prese con vicende tribunalizie di sospensione-Regionarie, aveva indicato come possibile assessore Angelo Cambiano, ex sindaco di Licata e volto simbolo della lotta all’abusivismo (la scorsa estate Cambiano, già vittima di minacce, era stato sfiduciato dal Consiglio comunale). Il sindaco di Licata non è iscritto al Movimento: dunque è una cosiddetta scelta “esterna”. Particolare sufficiente, questo, nel M5s, a far sorgere negli attivisti non contenti il desiderio di contrasto via dossier: dossier su un presunto abuso edilizio dell’ex sindaco (una tettoia) e su due suoi assessori. Anzi, non sugli assessori, ma su alcuni parenti dei medesimi, accusati di presunte connivenze con personaggi non da “lista pulita”. E il metodo è sempre lo stesso: dove la politica vera e la realtà irrompono, cala l’irrealtà purista movimentista.

  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.