Migliore ci spiega perché la sinistra ha la sindrome dello scorpione

David Allegranti

Il sottosegretario: “Il centrosinistra ulivista o dell’Unione sono solo formule”. Serve un progetto in positivo

Roma. “Il tema oggi non è riproporre formule alchemiche come il centrosinistra nella sua versione ulivista o addirittura dell’Unione. Per questo motivo sono stato e sarei contrario a una legge elettorale come il Porcellum, che aveva il premio alla coalizione. La questione è la prospettiva del Pd, principale soggetto della sinistra di questo paese, e l’alleanza di popolo attraverso cui realizzarla”. Il modello che piace molto a Repubblica e dintorni, non è insomma convincente: Gennaro Migliore, deputato del Pd, sottosegretario alla Giustizia prima nel governo Renzi e ora in quello Gentiloni, già capogruppo di Rifondazione nella legislatura 2006-2008, dice che il dibattito “non è giusto o sbagliato, è semplicemente fuori contesto. Anche perché con l’irruzione del M5s sulla scena pubblica si sono determinate altre priorità che non sono la costruzione di un’alleanza di centrosinistra tutta difensiva. Non è più l’epoca in cui c’era una destra molto aggressiva nella quale Berlusconi agiva da federatore particolarmente capace di riorganizzare i pezzi di un’area conservatrice e anche reazionaria. Gli schemi dell’Ulivo o dell’Unione, seppur vincenti, erano impostati così sulla difensiva che poi alla prova del governo si sono sfaldati e frantumati”.


Gennaro Migliore (foto LaPresse)


" Quegli schemi, seppur vincenti, erano impostati così sulla difensiva che poi alla prova del governo si sono sfaldati. Non c'era alla base una visione comune dell'Italia e del ruolo dell'Italia nel mondo. Dobbiamo rivendicare la stagione delle riforme, semplificata nella triade Jobs Act, unioni civili e leggi anticorruzione"

E questo perché, osserva Migliore, “non c’era alla base una visione comune dell’Italia e del ruolo dell’Italia nel mondo. Con la presenza del M5s noi abbiamo bisogno di un partito completamente nuovo, anche nell’approccio con l’elettorato, per essere visti non come un’aggregazione contro qualcuno – già vista ai tempi dell’antiberlusconismo – ma come un progetto per qualcosa. Dobbiamo rivendicare la stagione delle riforme, semplificata nella triade Jobs Act, unioni civili e leggi anticorruzione”. Sono dunque quelli su economia, diritti, garanzie e legalità gli interventi attorno ai quali il Pd deve far ruotare il proprio dibattito pubblico, dice Migliore. “L’impostazione della discussione sulle alleanze invece risulta ancora troppo difensiva: è sbagliato prendere come polo conflittuale esclusivamente il M5s, anche perché noi dobbiamo affermare una visione alternativa al centrodestra. Sarebbe miope se tornassimo, come auspicano Bersani e gli organizzatori della manifestazione di domani (oggi, ndr), al vecchio centrosinistra, perché ridurremmo la forza di una proposta che invece deve essere rilanciata in positivo. La novità di Renzi era infatti rappresentata dal progetto della rottamazione, non dall’essere contro qualcosa. Insomma, io davvero non capisco l’idea di un richiamo alle coalizioni anche se, naturalmente, in prospettiva, mi sento più vicino a Giuliano Pisapia che al centrodestra”. Si tratta però di recuperare, dice Migliore, quei voti che, “pur essendo di sinistra, al momento vanno al M5s. Io penso che ci siano pezzi del nostro mondo, dell’area di centrosinistra, che non vogliono votare per il Pd. Ma non è screditandoci che prenderanno più voti. Insomma, a me sembra che la polemica sul nuovo centrosinistra senza Renzi – un modo di cambiar nome perché nulla effettivamente cambi – sia solamente una ipotesi suicida: è la sindrome dello scorpione, come nella favola della scorpione e della rana. Voglio credere che ciascuno si senta realmente responsabile di fronte a scelte così impegnative. Anche perché siamo in una situazione veramente molto delicata”. Quello che emerge, dice il sottosegretario, “è un populismo strisciante, che si può organizzare in molte forme. C’è il M5s ma c’è anche la ripresa di egemonia della Lega sul centrodestra. Non dobbiamo pensare di salvarci dai barbari, ma affermare un’idea migliore di società. La leadership di Renzi è stata confermata dal recente congresso grazie a una proposta che aveva una base positiva, non meramente difensiva”. Certo, aggiunge Migliore, “c’è sempre da migliorare. Alcune delle scelte giuste che abbiamo fatto devono essere ulteriormente implementate: l’occupazione, la crescita e l’idea di una redistribuzione sociale adeguata sono ciò che caratterizza un governo di centrosinistra. Non esistono formule magiche, ma intanto i dati Istat sono chiari: gli effetti delle riforme – riduzione della disoccupazione e aumento del reddito disponibile delle famiglie – ci sono. Usciamo dalle trappole politiciste, lo chiedo ai nostri compagni di viaggio”. Cioè a quelli che oggi saranno in piazza a Roma per la manifestazione organizzata da Giuliano Pisapia e Mdp. Secondo Migliore, il loro modello di centrosinistra è risultato sconfitto alle recenti amministrative, che “sono state una botta, perché in alcune città abbiamo ricevuto una sconfitta che simbolicamente è rilevante. Sconfitta che se indagata più a fondo ci dice che certe formule sono fallimentari e non risolutive. A Genova, dove c’era un candidato sulla linea del centrosinistra tutto unito, dopo un’esperienza politica che andava in questo senso, abbiamo perso per ragioni locali. Ma abbiamo avuto belle soddisfazioni a Lecce, Taranto, Padova. Non è che le vittorie sono solo dei casi e invece le sconfitte diventano segnali politici nazionali. Dobbiamo piuttosto reimpostare il metro di valutazione. I risultati si ottengono non unendo pezzi di sigle, ma pezzi di popolo. Io ho seguito da vicino la campagna di Carlo Salvemini a Lecce, una città governata da 20 anni dalla destra e ho visto come lui sia entrato in sintonia con chi aveva aspettative di cambiamento in quella città. Noi dobbiamo puntare su rivendicare il lavoro fatto, continuando a cambiare questo nuovo partito, ma non prendendo come standard la discussione dei talk-show”.

 

Insomma “essere contro qualcuno non funziona. Lo abbiamo visto il 4 dicembre. Il No è risultato vincente ma poi è stato inconcludente. La annunciata riforma costituzionale in sei mesi non c’è stata, era una bufala di D’Alema. Per questo spero in una rapida presa di coscienza, attaccare chi ti è più vicino non ti fa guadagnare voti e le scissioni non si possono fare in tre tempi: quando stavi dentro, quando sei uscito e ora, da fuori, tirando la giacchetta a chi ancora sta dentro”.

  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.