Stefano Parisi (foto LaPresse)

Che succede se Parisi ce la fa

Claudio Cerasa
E’ la giornata di Stefano Parisi, oggi, e siamo tutti molto curiosi di capire come l’ex candidato sindaco di Milano riuscirà o quanto meno proverà a mettere in campo una nuova piattaforma politica capace di essere alternativa.

E’ la giornata di Stefano Parisi, oggi, e siamo tutti molto curiosi di capire come l’ex candidato sindaco di Milano riuscirà o quanto meno proverà a mettere in campo una nuova piattaforma politica capace di essere alternativa non solo alla destra a cinque stelle, al caciarismo lepenista, alla fuffa anti politica dei professionisti delle urla ma anche al renzismo di governo e alla capacità indiscutibile del leader del centrosinistra di essere oggi l’unico leader politico capace di parlare a un pezzo d’Italia che non si ferma al perimetro del proprio partito. E’ tutta qui oggi la sfida di Stefano Parisi, l’uomo a cui Silvio Berlusconi ha dato il compito di ricostruire il centrodestra italiano, ed è una sfida in cui, per essere credibili, sarà importante mettere in campo un’alternativa costruttiva e non distruttiva per rappresentare un pezzo di paese disorientato – non renziano ma neppure anti renziano – rimasto traumatizzato dai flop del centrodestra di governo e non perfettamente a suo agio nel trattare il presidente del Consiglio con gli stessi metodi ridicoli usati per una vita dagli avversari del Cav.

 

E’ un centrodestra di proposta più che di protesta quello che Stefano Parisi può costruire a partire da oggi, provando a far dimenticare agli elettori di centrodestra alcuni volti di Forza Italia che funzionano bene ormai solo come simpatici troll sulla rete, e i nomi che daranno vita alla convenzione dell’ex direttore generale di Confindustria ci dicono che la direzione è chiara e ha una sua logica: mettere insieme molte anime del paese in cerca d’autore, costruire un partito della nazione libero dalle catene post comuniste che tengono intrappolato il partito renziano e dimostrare che l’Italia che dice sì non è solo quella che dice di sì al referendum costituzionale. Lo farà Stefano Parisi, se i programmi verranno confermati, con una serie di nomi (alcuni molto foglianti) che andranno a rappresentare realtà importanti che Parisi non intende regalare a Renzi e dalle quali il Ricostruttore del centrodestra intende partire: il mondo delle associazioni, il mondo di Confcommercio, pezzi del mondo della Cisl, pezzi del mondo di Confindustria (Assolombarda) che non si riconoscono nel presidente Enzo Boccia, il mondo del Family day, il mondo del Bruno Leoni, il mondo dei professori liberali che non si riconoscono nell’idea di scuola non del tutto meritocratica declinata dal governo Renzi, una fetta di mondo di Comunione e Liberazione, una parte della Cisl lombarda, alcuni pezzi grossi dei costruttori dell’Ance, alcuni liberali che si sono spesi negli ultimi tempi nello smascherare le cialtronate del neoprotezionismo, il mondo dei giovani banchieri rappresentato da alcuni ragazzi che Parisi intende valorizzare, l’universo che gira intorno alla Fondazione Bracco, figure simbolo del nuovo e del vecchio mondo Rcs (passaggio importante), imprenditori di successo che hanno combattuto vincendo la loro battaglia contro la giustizia ingiusta, simboli della lotta contro l’islam radicale e ovviamente tutta la Milano che ha accompagnato Parisi nella costruzione della sua campagna elettorale.

 

Non si sa quale sarà la traiettoria di Parisi e dubitiamo che il suo percorso possa essere in discesa nel caso in cui dovesse vincere il No al referendum costituzionale. Ma il punto di partenza c’è e se Parisi riuscirà a dar voce a un’Italia di centrodestra che non ha voglia di strillare, che ha voglia di ragionare, che desidera mettere da parte la fuffa populista e che sogna di diventare competitiva senza rincorrere il grillismo (e senza trasformarsi in tutto quello che ha sempre combattuto per una vita) non gli si può che dire forza: sarà dura, gli faranno la guerra, metteranno a dura prova il suo quid ma intanto la strada è giusta e vale la pena provare a vedere l’effetto che fa.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.