Il sindaco di Milano Beppe Sala (foto LaPresse)

La prima grana di Sala

Redazione
L’emergenza profughi a Milano, a lungo sottovalutata politicamente.

Beppe Sala non rischia di certo un’accusa per “traffico di migranti” come il deputato della Linke, Diether Dehm, che in agosto fece entrare in Germania un profugo nascondendolo nel baule della sua auto e poi rivendicò l’impresa. Non è colpa del sindaco di Milano se l’emergenza profughi è tornata a livelli superiori alla saturazione. Anzi forse ha ragione Roberto Maroni quando dice che la colpa è del governo, che sta sbagliando approccio, e che “bisogna dichiarare lo stato di emergenza, che ci consentirebbe di coinvolgere la Protezione civile” non soltanto per Milano ma per tutte le aree in cui il Viminale si limita a smistare i migranti, sulla base di capacità d’accoglienza del tutto teoriche. Ma almeno un po’ di responsabilità il sindaco di Milano ce l’ha.

 

Se non altro perché nei mesi scorsi aveva sottovalutato il problema, per motivi elettorali, rifiutando ad esempio, come gli aveva proposto Stefano Parisi, di avviare già in primavera un tavolo condiviso con le opposizioni, la prefettura e la regione per prevenire l’emergenza che sarebbe puntualmente arrivata. La decisione presa adesso di usare la caserma Montello per ospitare 300 richiedenti asilo è tardiva (si parte a novembre), limitata e sta causando tensioni sociali. In queste settimane Milano ha superato la capacità d’accoglienza, sopra quota 3.600 posti, e il sindaco ha fatto appello ai colleghi della Città metropolitana, ma ha ottenuto qualche manciata di posti letto e molti malumori. Sull’uso del “Campo base” di Expo, Maroni sta facendo opposizione (furba e piuttosto cinica) da mesi. Sala si trova ad affrontare la sua prima vera grana. Avrebbe bisogno di un sostegno condiviso che al momento non ha, deve recuperarlo in fretta.