Sergio Marchionne e Matteo Renzi con John Elkann (foto LaPresse)

Il Tutti Tranne Renzi genera mostri (a destra)

Redazione
Il TTR e le reazioni dai toni un po' straccioneschi di Brunetta contro Marchionne, colpevole di aver detto "sì" a referendum e stabilità. Ormai questo sentimento è fotocopia del TTB (tutti tranne Berlusconi) dei tempi d’oro.

"#terremoto #referendum Nonostante momento luttuoso Marchionne ha fatto outing per il sì”; “#referendum Marchionne è per stabilità, di tutto il resto, democrazia e cittadini compresi, non gliene frega nulla. Che pochezza”. Così tuittò Renato Brunetta, il 28 agosto 2016.

 

 

 

“A me Marchionne è simpatico. Competente, capace di innovare le relazioni industriali. Dai tempi di Valletta è la personalità più rilevante alla guida della Fiat. Con lui c’è aria nuova”. Così lo stesso Renato Brunetta, il 27 agosto del 2010. Che cosa, in sei anni esatti, fa sì che il capogruppo di Forza Italia si smentisca platealmente sul capo della prima industria manifatturiera privata italiana? Bastano il “sì” personale al referendum costituzionale e la stabilità evocata per l’azienda espressi venerdì scorso, due opinioni se vogliamo ovvie e ovviamente nella sfera della libertà di espressione, a far scattare la rappresaglia compulsiva brunettiana? Forza Italia non era liberale? E che c’entra il terremoto? Egualmente singolare è la reazione del leghista Roberto Calderoli, già firmatario di una riforma simile a quella renziana: “Da che pulpito vuol darci lezioni il signor Marchionne, che ha la cittadinanza svizzera per ragioni fiscali?”. Forse la Fiat non ha 24 mila dipendenti in Italia, che magari senza Marchionne sarebbero molto meno? E i capitali esteri nelle regioni e città leghiste non sono bene accetti? Diciamo che il TTR (tutti tranne Renzi) è ormai fotocopia del TTB (tutti tranne Berlusconi) dei tempi d’oro: Brunetta, Calderoli & Co. parlano come Marco Travaglio e Fiorella Mannoia. Diciamo pure che in Forza Italia e nella Lega c’è anche qualche problemino.