Silvio Berlusconi e Matteo Renzi (foto LaPresse)

Un'estate al Nazareno, oh-oh!

Claudio Cerasa
Collaborare, riformare, disinnescare le mine anti sistema e poi competere e giocarsi la partita da posizioni riformiste e non populiste. Si può fare? Certo che si può. Ecco i pilastri per un nuovo accordo tra Renzi e il Cav.

Contro lo sfascismo. Contro il populismo. Contro l’instabilità. Contro le speculazioni finanziarie. Contro il partito del no. Contro il grillismo. Contro chi prova a sabotare la governabilità del paese, la solidità delle aziende, gli asset del sistema bancario. Le motivazioni politiche ed economiche che potrebbero portare a una nuova convergenza tra centrodestra e centrosinistra nascono dal nuovo e imprevedibile scenario d’emergenza delineatosi in Europa nel dopo Brexit ma non possono fermarsi qui. E se davvero c’è la volontà di rimettere insieme i cocci di un patto di non belligeranza tra Pd e Forza Italia e immaginare “qualcosa che somigli al Nazareno, una base ampia per fronteggiare i grandi problemi che abbiamo”, come ha detto ieri sulla Stampa Fedele Confalonieri, numero uno di Mediaset e amico sincero di Berlusconi, bisogna fare un passo in avanti e mettere insieme i tasselli che durante l’estate potrebbero aiutarci a intonare, sulle note di Giuni Russo, un motivetto mica male: “Un’estate al Nazareno, oh-oh!”. Ma da dove può rinascere qualcosa che somigli al Nazareno, ora che nel mondo berlusconiano il baricentro del partito (da ieri in modo ufficiale con le nuove nomine nel partito, vedi Valentino Valentini capo della segreteria di FI) è tornato a essere più lontano dalle pulsioni salviniane?

 

I passaggi per costruire un Nazareno di non belligeranza sono questi. Il primo riguarda l’apertura di Renzi sulla legge elettorale. Berlusconi non è mai stato contrario al premio alla lista ma una modifica dell’Italicum potrebbe aiutare un centrodestra molto diviso a tornare insieme alle prossime elezioni (persino con Alfano) e se lunedì in direzione Pd il presidente del Consiglio concederà un’apertura si potrà andare al passo successivo che riguarda non più la semplice tattica ma la ciccia dei problemi: la legge di Stabilità. Renzi, seguendo i consigli del presidente della Repubblica e delle massime autorità europee, ha deciso che non ci sarà alcun referendum se prima non verrà approvata la Stabilità in uno dei due rami del Parlamento (la Camera). E in quell’occasione il Pd e Forza Italia avranno la possibilità di replicare lo stesso modello di condivisione abbozzato lunedì alla Camera e al Senato, quando FI ha votato la risoluzione europea del Pd e il Pd quella di FI. Cosa si può fare in sostanza: lavorare insieme a un robusto pacchetto di riforme fiscali per alleggerire le aliquote sia sul lato delle imprese (con l’Ires per esempio al 22,5 per cento) sia sul lato delle persone (intervenendo per esempio sull’Irpef con una riduzione a tre aliquote e una tassa unica al 27 per cento per lo scaglione di reddito tra i 15 e i 75 mila euro). Per il resto, difficile chiedere di pianificare una riforma della giustizia condivisa tra Pd e Forza Italia (magari). Meno difficile invece immaginare di costruire una collaborazione tra i due poli sulla politica economica europea.

 

E in una fase storica in cui non può che esserci di fatto una grande coalizione tra i più importanti esponenti del Ppe (Merkel in primis) e quelli del Pse (Hollande e Renzi) il centrodestra e il centrosinistra potrebbero aver l’occasione di mostrarsi uniti per chiedere all’Europa di seguire una nuova e aggressiva strategia sulla crescita (agevolando il processo di riforme, non solo gli aumenti di spesa).  Sul referendum Berlusconi difficilmente farà un passo indietro ma è possibile che ascoltando i consigli di Confalonieri e di Letta arrivi a capire che riscrivere insieme le regole del bipolarismo oggi è il modo migliore per essere competitivi domani. La differenza tra costruire un’Italia sul modello Roma e una sul modello Milano in fondo passa anche da qui. Costruire, collaborare, riformare, disinnescare le mine anti sistema e poi competere e giocarsi la partita da posizioni riformiste e non populiste. Si può fare? Certo che si può. Noi intanto siamo pronti a cantare: un’estate al Nazareno, oh-oh!

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.