Lerner sfotticchia il Foglio che lo sfotticchia sul flop della Sinistra X Milano

Gad Lerner

"Ho l’impressione che l’impresa di Sinistra Italiana sia già fallita prima ancora di nascere e che l’“antirenzismo” non possa diventare la bandiera sotto cui riunire le truppe disperse dell’“antiberlusconismo”. L’elettore della nazione non esiste. Gad vs Crippa.

Al direttore - Dopo il flop elettorale di Sinistra X Milano, col suo 3,83 per cento, figuriamoci se non incasso sportivamente lo sfottò dell’ottimo Maurizio Crippa. Ci sta, né mi consola che liste sulla carta più altolocate abbiano fatto peggio sulla piazza milanese. Ma siccome il Foglio di ieri dedicava un’intera pagina al tema “Cercasi elettore della Nazione”, senza rintracciarlo da nessuna parte nei risultati delle amministrative 2016, vi chiedo spazio per rifletterci un po’ anch’io. Così magari riesco a convincervi che i miei consigli a Beppe Sala per allargare i consensi al centrosinistra nel ballottaggio non sono poi così campati per aria. Nove anni fa sono stato tra i soci fondatori del Pd (inserito nel Comitato dei 45 in quota Prodi, per la precisione). Dopo aver militato da giovane in formazioni minoritarie della sinistra, non vedevo l’ora che nascesse un bel partitone largo, plurale e unitario, cioè delle dimensioni adeguate a orientare con buone pratiche il paese nelle bufere del tempo contemporaneo. Non ho cambiato idea. Hic manebimus optime.

 

Ora però è lo stesso segretario del Pd, Matteo Renzi, a riconoscere il malessere che affligge la nostra comunità e che provoca una cospicua emorragia di consensi sul versante di sinistra. Nessun “elettore della Nazione” è accorso a compensarla. Singoli dirigenti che s’illudevano di intercettarla lasciando individualmente il partito – i vari Cofferati, Fassina, Civati – non sono riusciti a rimpinguare gli scarsi consensi dell’estrema sinistra minoritaria. Ho l’impressione che l’impresa di Sinistra Italiana sia già fallita prima ancora di nascere e che l’“antirenzismo” non possa diventare la bandiera sotto cui riunire le truppe disperse dell’“antiberlusconismo”. Più facile che i delusi di sinistra, in assenza di un progetto convincente, si astengano o votino per protesta M5S; solo che quel progetto convincente, senza legami col grande contenitore del Pd, non trova gambe su cui camminare. Per questo a Milano, su iniziativa di un sindaco popolare come Giuliano Pisapia, dopo aver sostenuto invano la candidatura alternativa a quella di Beppe Sala, abbiamo deciso di rispettare la volontà espressa da sessantamila cittadini nelle elezioni primarie sperimentando l’eresia del “dentro e fuori”. In altre parole, alcuni di noi restando iscritti al Pd e senza alcuna intenzione di abbandonarlo, abbiamo offerto all’elettorato di sinistra la possibilità di salvaguardare una soluzione unitaria per il buongoverno della città: distinguersi senza rompere.

 

Per quanto modesto sia stato l’esito, faccio notare che senza Sinistra X Milano oggi Sala andrebbe al ballottaggio da una posizione di inferiorità rispetto a Stefano Parisi, anziché con un punto di vantaggio. Certo, abbiamo operato controcorrente. L’astensionismo a Milano è cresciuto ben più della media nazionale, e molti sono stati gli elettori di sinistra che dopo essersi riconosciuti nell’esperienza di Pisapia non hanno voluto votare Sala al primo turno. Riservandosi magari – ne conosco più d’uno – di tornare alle urne nel ballottaggio, quando si propone loro la secca alternativa di consentire il ritorno a Palazzo Marino di una compagine di centrodestra in cui Parisi raduna quello che somiglia per i milanesi a una specie di museo delle cere: Formigoni, Salvini, Lupi, Albertini, Gelmini. Vero e proprio antiquariato nella metropoli dell’innovazione.

 

Di qui il mio consiglio a Sala che ha suscitato l’ironia di Maurizio Crippa: rivolgiti all’elettorato di sinistra deluso, in attesa che gli esploratori del Foglio realizzino la scoperta dell’araba fenice, ovvero dell’“elettore della Nazione”.

 

Del resto non sono stato l’unico a ragionare così. Mi risulta che il Pd milanese abbia prescelto come capolista il più di sinistra dei suoi assessori, cioè l’antirenziano Pierfrancesco Majorino. Quanto alla lista civica di Sala, è stata Cristina Tajani (altra assessora di sinistra proveniente da Sel) a doppiare gli altri candidati nella corsa delle preferenze. Così come ha fatto Filippo Del Corno, assessore alla Cultura e iscritto al Pd, nella lista Sinistra X Milano. Insomma, questi assessori di sinistra della giunta Pisapia non se la sono cavata malaccio, alla prova delle urne, checché ne dica Crippa. Resto dell’idea che nella competizione milanese di qui al 19 giugno possano risultare più convincenti i loro argomenti pratici e ambrosiani che non dei dibattiti sul governo Renzi e sulla riforma Boschi. Lo so che a voi del Foglio piace scrivere che Sala e Parisi si assomigliano (sbagliate) ma le differenze fra le loro squadre e i loro programmi risaltano di fronte agli occhi dei milanesi.

 

Resta, naturalmente, e non si risolverà nel giro di poche settimane, il malessere che il Pd a guida renziana infligge in larghi settori dell’elettorato di sinistra. Il primo turno delle elezioni ci conferma che a sinistra del Pd non si vede niente di nuovo, nell’immediato, anche se al posto di Renzi non dormirei sonni tranquilli (guardando all’esperienza di altri paesi europei). Verrà il momento di riparlarne. Per ora continuo a suggerire a Sala, uomo sveglio e simpatico, ottimo sindaco per la Milano del futuro, di restare amico della sinistra nonostante i vostri sconsigli. E in ogni caso il Crippa (che bel cognome!) si tranquillizzi: mister Expo è circondato da ben altri consulenti professionisti che non i “consigli di Gaddino”.

Gad Lerner   

 

 

Veramente, ho scritto più di una volta che Sala e Parisi sono proprio diversi. Ma è chiaro che il problema, a sinistra, non è trovare o schivare “l’elettore della nazione”, bensì mettersi d’accordo col suo “dentro e fuori”. Come sempre. (Anche Lerner è un bel cognome).

Maurizio Crippa

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