Nel suo libro a vignette Staino descrive il Pd meglio di una riunione pd

Marianna Rizzini
Oggi in uscita il nuovo libro a fumetti sulla politica e la sinistra: il viaggio di Bobo alla ricerca di Veltroni, tra un Sabino Cassese “giurista e cartomante”, un Gianni Cuperlo che recita l’Amleto con D'Alema e un magico Beppe Grillo.

Roma. Il libro esce oggi ma, per uno strano caso, e per eterogenesi dei fini, è stato lanciato (a sua insaputa) dalla direzione Pd dell’altro ieri, quella in cui Gianni Cuperlo ha detto a Matteo Renzi “non sei un leader”, con Michele Emiliano e Roberto Speranza parimenti oppositori ma con parole diverse. Il libro – un romanzo a vignette edito da Giunti – si intitola “Alla ricerca della pecora Fassina”, con riferimento non casuale al deputato trasfuga (dal Pd) Stefano.

 

Lo firma Sergio Staino, disegnatore, fumettista, storica matita dell’Unità (vecchia e nuova) e padre di Bobo, l’omino tondo che da decenni gli fa da alter-ego cartaceo con parole e animo di militante appassionato, talmente appassionato da andare, a volte, anche contro le proprie idee post-comuniste. Bobo-Staino può essere sconcertato, non convinto, persino contrario, ma è comunque deciso a restare in quello che continua a considerare il “suo” partito, tantopiù in epoca antipolitica (il suo nemico numero uno è Beppe Grillo). Una volta Staino ci ha anche scherzato sopra, alludendo al ritornello marxista-leninista “il difficile è andarsene”, appreso e sperimentato in anni giovanili, quando, in area gauchiste, si aveva “sempre paura di essere considerati traditori per primi”. E Bobo-Staino non se ne va, anzi.

 

L’altra vignettista storica Ellekappa, nell’introduzione, scrive: “… Bisogna avere decisamente coraggio, in questa epoca … in cui per essere considerati ‘fichi’ bisogna gettare palate di fango sul Pd…per dichiarare pubblicamente il proprio amore per questo partito…pur conoscendo tutti i suoi difetti…”. E nel romanzo a vignette, Bobo, in pieni tempi renziani, cerca di convincere i “compagni incazzati, stanchi, smarriti ma pur sempre compagni” che la fuga non è la miglior cosa, visto che nemmeno l’iper-rosso Jeremy Corbyn, in Gran Bretagna, si è mai sognato di lasciare il Partito Laburista nonostante, si legge in una vignetta, il Labour di Tony Blair avesse deciso di “bombardare l’Iraq” – corollario: “altro che Senato elettivo…!”). Non è un compito facile, quello di Bobo, partito alla perigliosa ricerca della pecorella smarrita “Fassina”, in compagnia di un piccolo Virgilio, lo zingaro Marlonbrando (scritto tutto attaccato e chiamato così per via di uno zio patito del “Padrino”).

 

Il viaggio inizia a Roma, dove il presidente pd e commissario del Pd romano Matteo Orfini è in preda al terrore (non vuole di ritrovarsi in casa un sospettato di “Mafia Capitale” e forse neanche qualcuno dei circoli pd sanzionati e chiusi), ma poi viene lodato da Bobo per “non avere in casa neanche un libro candidato al Premio Strega”. Con Marlonbrando sempre più basìto (“ma ti pagano, per stare nel Pd?”, chiede a un certo punto), Bobo insegue e non trova Walter Veltroni (che sta girando un film sui bambini con trama fin troppo simile a “Hansel e Gretel”). Sul suo cammino compaiono invece, tra gli altri, il compagno Molotov, militante storico folgorato dal complottismo e dai libri di Giulietto Chiesa; un Sabino Cassese “giurista e cartomante”, da consultare per “amore, fortuna e politica”; un Gianni Cuperlo che recita l’Amleto (con Massimo D’Alema) e un Beppe Grillo che dispensa pozioni capaci di trasformare un mite democratico in un oltranzista del “vaffa” (Bobo rinsavisce grazie a un esorcista).

 



 

Fassina non c’è, anche se i suoi fan si riuniscono a scrivere infiniti statuti all’osteria “Ar Cecio rosso”, e anche se nessuno pare davvero seguire il transfuga perché, come dice un Pierluigi Bersani versione “kombat”, prima bisogna “seppellire” i “visitors “renziani di “emendamenti” (c’è molta tenerezza nel disegnare i “compagni incazzati”, ma nessuna autoindulgenza). E se Renzi viene descritto come colui che dà “contentini” (sconfitta la minoranza dem in Senato, pensa: “Potrei mettere D’Alema al posto di Mogherini” in Europa, “ci teneva tanto…”), il Fassina smarrito, dopo aver visto forse Bono Vox sindaco di Roma e Walter Veltroni al Quirinale, fonda (e poi scioglie) formazioni dal nome evocativo: “Sì”, “Bé”, “Mah”, “Però”, e infine “No”, un “movimento di sinistra in cui nome e programma coincidono”.

 

Viene allora in mente la vera lettera aperta scritta un anno fa da Staino non al vero Fassina ma al vero Cuperlo, in cui si faceva notare che, continuando a comportarsi da “estremisti disperati” e da gente convinta che Renzi fosse una sorta di “fungo malefico spuntato dal nulla”, ci si rendeva “insopportabili”, facilitando altresì l’insorgere di “future leadership populiste”.

  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.