Cuperlo e Speranza (foto LaPresse)

Trinità in opposizione: tre in uno, uno in tre

Marianna Rizzini
Discordie e opposizione sulle trivelle e il caso Guidi: Cuperlo-Speranza-Emiliano, l’Idra dei “no Renzi” alla direzione Pd (come nel libro di Staino?).

Roma. E’ il giorno della direzione Pd e della discordia ancora una volta annunciata – e stavolta incentrata su trivelle e caso Guidi. Ma non si può dire che la discordia si presenti, al Nazareno, con un’unica faccia. Tre sono infatti le teste dell’opposizione interna, e se non arrivano a essere sette, come per l’Idra del mito, è perché ancora non si è presentata l’occasione per manifestare l’ennesima sfumatura di “no” al premier e segretario Matteo Renzi. Il quale Renzi, a metà pomeriggio, aveva appena finito di pronunciare il suo discorso di orgogliosa rivendicazione – “noi siamo quelli che sbloccano le opere, noi non siamo come gli altri”; “se è un reato sbloccare le opere pubbliche, io lo sto commettendo”; e “noi siamo quelli della semplificazione”, delle riforme, dell’attenzione al quadro geopolitico ed economico-finanziario (“it’s the economy, stupid”).

 

E insomma Renzi, che la domenica, da Lucia Annunziata, a “In mezz’ora”, aveva difeso il “suo” emendamento sblocca-opere, il lunedì ci tornava sopra, citando pure il Romano Prodi pro trivelle dell’editoriale sul Messaggero, e questo nonostante la posizione politica in generale non molto renziana del prof. medesimo. Ma non aveva neanche finito di dire, Renzi, “qui c’è gente che pensa che la politica sia una cosa bella”, altro che “indegno qualunquismo – questa sì frase che metteva d’accordo tutti – e aveva appena finito di pronunciare, non si sa quanto retoricamente, una frase quasi quasi da matrimonio che suonava più o meno come un “se qualcuno ha qualcosa da dire la dica ora…”, che l’opposizione si faceva una e trina, anzi più trina che una (non è detto infatti che poi converga sul “che fare”).

 

Ed ecco sul principio un Gianni Cuperlo dolente che lì per lì si schermiva (“non sono un esperto, ma mi fa piacere intervenire in tema di energia…”), per poi virare sulla questione di “metodo” e di “forma”: non basta dire “sul caso Tempa ho deciso io”, caro Matteo, diceva un Cuperlo che alla fine sputava il rospo: “Nessuno ha il monopolio della lealtà, tu non stai facendo il segretario e stai spingendo molti ad andarsene”. “Spazzate via, le opposizioni verranno spazzate via a ottobre”, diceva Cuperlo a Renzi citando Renzi, e il punto d’arrivo era conseguente (ma non necessariamente foriero di conseguenze): “E’ pesante stare in un partito che ormai non ha più molte delle ragioni che me lo hanno fatto scegliere… e puoi rispondermi con un meditato ‘ciao’, ma penso che tu in questa fase non ti stia mostrando all’altezza del ruolo che ricopri…”. E si vedeva che l’occasione faceva Cuperlo meno timido e riservato del solito, perché d’un tratto l’esponente della minoranza dem diceva: “Credo che per fortuna la sinistra sia più grande e ricca di tutti noi, e mi piace dirtelo in faccia”.

 

Ma non c’era neanche il tempo di rimuginare sulla scena, ché l’opposizione interna, cangiante, già prendeva la forma del sommesso, ma anche non sommesso, j’accuse a suo modo anti oli-petroli&trivelle di Roberto Speranza, un tempo capogruppo, attento a specificare che “le cose apprese” sull’inchiesta di Potenza “sono sinceramente inquietanti”. “Io penso che il tuo emendamento fosse sbagliato, Matteo, e sul referendum il Pd gioca tutte le parti in commedia”, diceva Speranza, che da lucano parlava di Lucania “infelix” per puntare poi sullo stesso traguardo di Cuperlo, ma in modo diverso da Cuperlo; il suo tono infatti si avvicinava (pericolosamente?) a quello di un curato: “Dobbiamo ricostruire il partito come comunità”, e però anche da curato Speranza ci teneva a ribadire che come segretario di partito Renzi era stato “del tutto insufficiente”.

 

E non basta: tempo un quarto d’ora, compariva al microfono il falstaffiano Michele Emiliano, nel ruolo del professore che blandisce per poi bastonare (“continuo a pensare che Renzi sia un uomo di grande valore, io l’ho votato questo segretario…ma deve fare la cortesia di ascoltare qualcuno che ha i capelli bianchi, qualcuno che ha studiato…Te l’hanno detto che la Puglia contrastava Tempa Rossa? E poi una sentenza oggi è arrivata…”). Tutti per uno, uno per tutti? Non è detto: potrebbe anche andare come nel nuovo romanzo a vignette di Sergio Staino “Alla ricerca della pecora Fassina”, in uscita domani (edizioni Giunti), con il mitico Bobo in viaggio tra “compagni incazzati, stanchi, smarriti ma pur sempre compagni”.

 


Il democratico Michele Emiliano


 

  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.