Matteo Renzi oggi incontrerà la cancelliera Merkel dopo l’escalation retorica delle passate settimane (foto LaPresse)

Merkel, istruzioni per l'uso

Marco Piantini
L’immigrazione, l’euroscetticismo borghese, l’evoluzione di Schäuble. Cosa deve attendersi Renzi

La Faz nei giorni scorsi ha pubblicato un lunghissimo intervento del ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble. Schäuble non è personaggio da uscite casuali. La profondità e complessità del suo “quasi saggio” corrisponde alle sue caratteristiche. Quelle di una personalità che ha fatto un impressionante percorso politico e che forse come nessuno altro in questi decenni ha unito elementi di riflessione sull’Europa e le sue Istituzioni con l’azione di governo. Vale la pena considerarlo con attenzione. Alcune osservazioni.

 

La prima è che Schäuble non è Belzebù. Se ne può fare una caricatura, oppure si può cercare di approfondire nel merito la sua impostazione, provando a coglierne tutti i limiti, ma senza sfuggire da un dato di fatto: la ricerca – sua e del mondo che rappresenta – di percorsi e vie di integrazione. Schäuble è un osso duro, un instancabile conservatore. Ma senza di lui in Germania potrebbe affievolirsi ulteriormente l’afflato europeista. Le ferite personali e politiche (dall’attentato alla lunga ascesa ai vertici democristiani a fianco di Kohl, con l’epilogo dell’ascesa di Angela Merkel) non ne hanno diminuito il tratto arcigno né la capacità ormai mitologica di lavoro e conoscenza dei dossier.

 

In secondo luogo, alcuni degli elementi centrali della sua impostazione. Sulla Faz Schäuble riflette su questioni di grande attualità, aprendo alla Russia in chiave antiterrorismo e ragionando su possibili sviluppi di Schengen. Ma quello che vorrei notare qui è il suo tornare sull’impostazione da lui data con lo scritto elaborato con Karl Lamers, e che verteva (già venti anni fa) su un’idea di Europa a velocità diverse, ovvero di un nucleo duro più integrato. Schäuble, ultimo della sua generazione in posizione di guida politica, parte dall’assillo che l’Europa non è più fondabile come in passato sull’ideale della pace, ma deve essere nuovamente “motivata” dal suo ruolo all’interno della globalizzazione. Riflette – e questo non è poco – su come arrivare a una ulteriore comunitarizzazione, in particolare di politiche fiscali e economiche, e sulla centralità del tema della legittimità democratica. In questo, si distingue. Va sottolineata l’apertura a modifiche del Trattato, seppur con procedure semplificate e dunque limitando le innovazioni. Pone, con questo, un tema.

 

In terzo luogo, rispetto agli anni Novanta, Schäuble ha ulteriormente accentuato la sua visione di una integrazione basata sulla convergenza e sulle regole. Un accento sintomatico di come questi venti anni abbiano lasciato tracce. Su questo è facile aprire un confronto con le sue idee. A fronte dell’incapacità di procedere con l’integrazione a ventotto – dato oggettivo – Schäuble difende e anzi valorizza accordi intergovernativi fuori dai trattati, che mettono in relazione il principio di disciplina con quello di solidarietà. Il tema che pone è quello della affidabilità, della fiducia reciproca. Anche questo è un dato importante, e obiettivo. Lo si vede in vari ambiti, in quel “groviglio di crisi” da cui parte la sua riflessione. Sorprende semmai come Schäuble, che pure riflette sulla comunitarizzazione e sulla sua legittimità democratica, tematizzi poco il ruolo del Parlamento europeo. Pesa lo scetticismo in particolare di ambienti della Corte costituzionale tedesca sull’effettivo nesso tra cittadinanza europea e rappresentatività del Parlamento, dunque legittimità democratica. Scetticismo che pervade anche ambienti di sinistra (basti pensare alle elaborazioni di Wolfgang Streeck, che in soldoni non vede possibilità per politiche socialdemocratiche a livello sovranazionale per come è costruita l’integrazione). Colpisce poi come altri aspetti sfumino nella costruzione di Schäuble: le politiche, che possono dare nuova linfa all’Unione, specialmente nella dimensione economica, sociale e culturale; lo strumento delle cooperazioni rafforzate tra stati, e cioè forme di integrazione differenziata che potrebbero rientrare nella stessa impostazione di fondo che lui fa; il rischio di nuove divisioni all’interno dell’Unione, tra nuovi in e nuovi out (a partire da Schengen). E’ importante il suo ragionamento sui limiti di una costruzione con una politica monetaria federale e politiche economiche nazionali. Su questo varrebbe la pena però un confronto più approfondito. L’Europa della doppia austerità – quella dei bilanci nazionali e quella di limitate politiche europee per gli investimenti, oltre che di limitata capacità di governo dell’euro e di una agenda per la crescita ancora esitante o incompleta, basti pensare a settori chiave come trasporti e telecomunicazioni – rischia di far saltare proprio quegli equilibri a cui Schäuble ha dedicato una vita politica.

 

[**Video_box_2**]Un ultima osservazione attiene al contesto. Il sistema politico tedesco affronta probabilmente la sua più grande sfida dal Dopoguerra. L’euroscetticismo borghese di Alternative für Deutschland cresce massicciamente a ovest, il nazionalismo di piazza con venature xenofobe di Pegida ha messo piede a est. Torna lo spettro di una questione identitaria, e potrebbe saltare la regola di “nessun nemico a destra” dello storico leader democristiano bavarese Strauss. La Spd si barcamena tra poche certezze, se non pessimi sondaggi che in alcune zone la vedono sfidata addirittura da AfD sul piano dei consensi (Baden-Württemberg: dieci milioni di abitanti, sondaggi con la Spd al 15 per cento e AfD al 12).  Eppure il sistema resta solido, e la reazione complessiva della società e delle istituzioni tedesche al flusso di rifugiati per ora è impressionante. Merkel si caratterizza sempre più come leader centrista, che si è affrancata dal neoliberismo degli esordi e teorizza una Germania “aperta al mondo”, liberale. La sua scelta più importante, prima dell’apertura ai rifugiati, è stata l’abbandono del nucleare. Scelta che traccia anche una ipotetica strategia, quella di assorbire i Verdi come partner di coalizione a livello federale e di porre le basi per una ristrutturazione della politica tedesca. Resta da vedere che ruolo avrà la figura di Schäuble, anche come possibile punto di contatto tra vecchio e nuovo europeismo.

 

 

Marco Piantini è consigliere di Palazzo Chigi per gli Affari europei