Il presidente del Consiglio Matteo Renzi (foto LaPresse)

Ecco com'è che Renzi è diventato il primo fan del “boom” di Grillo

Salvatore Merlo
Nel Pd tutti preoccupati dal M5s. Ma c’e’ qualcosa sotto… Intanto il presidente del Consiglio si è trasformato nel più robusto, vivace e comunicativo propagandista del Movimento cinque stelle che ci sia in Italia. Non passa giorno che non trasferisca ai giornalisti, con molle e distratta innocenza, umori preoccupati per i sondaggi, per la “marea” grillina.

E più il livello delle sparate snocciolate in televisione, o gestiste sul blog, si avvicina a quote himalayane (tipo: “Renzi rispondi, confessa, dicci se hai aiutato l’Isis”), più si riversano nei talk show espressioni truculente (sull’immigrazione) o bislacche (sulla politica estera), più lui in realtà si frega le mani, felice: non gli par vero.

 

E infatti Matteo Renzi si è trasformato nel più robusto, vivace e comunicativo propagandista del Movimento cinque stelle che ci sia in Italia. Non passa giorno che non trasferisca ai giornalisti, con molle e distratta innocenza, umori preoccupati per i sondaggi, per la “marea” grillina, per il rischio che vincano loro, e non solo alle amministrative ma persino alle prossime elezioni politiche. E dunque con monotona, indifferente pendolarità, la mano del capo designa il preoccupato di turno nel Pd: così un giorno tocca allarmarsi a Debora Serracchiani, poi è il turno di Lorenzo Guerini, e tutti, in pubblico e in privato, ripetono lo spin di Palazzo Chigi: “Che succede se i cinque stelle arrivano al ballottaggio con il Pd? Pensaci, c’è il rischio serio che i voti di Berlusconi e Salvini vadano a Grillo. Mammamia. Povera Italia”.

 

E i giornali scrivono. Malgrado questo pericolo, questo rischioso safari politico nello zoo di Grillo, sembri in realtà popolato da pitoni di plastica, leoni imbottiti di tranquillanti, una giungla opera d’un vivaista di scarsa immaginazione. Ma tant’è. Il Pd non fa che gonfiare i Cinque stelle. Un po’ come ai tempi delle europee, quando gli italiani ci credettero sul serio al “vinciamo noi” di Grillo, e s’erano così abbandonati al timore del pericoloso safari, che Renzi arrivò al 41 per cento dei voti. A quei livelli di consenso il presidente del Consiglio non si è mai più avvicinato. Ma c’è tempo, e i grillini adesso vanno pure in televisione. Tutti.

 

[**Video_box_2**]Così non c’è giorno che Renzi non ringrazi il destino di avergli regalato Toninelli, Sibilia, Lombardi, Crimi e Di Stefano che si esibiscono nei talk show: il nodo della cravatta troppo grosso, l’italiano stentato, l’aria arruffata degli omaccioni che nei paesi di mare dopo una giornata passata sul molo si ripuliscono per la festa del battesimo. In questo mondo di convulsi mutamenti e frenetiche frammentazioni, fra gli strepiti della sinistra, le scissioni di Fassina e D’Attorre, le ambizioni di Orlando e di Orfini, le vendette di D’Alema e il declino del Cavaliere, in questo mondo dove più nulla appare stabile e radicato, Grillo e il suo partito sono la sola cosa certa, ferma, famigliare e ripetitiva cui Renzi si possa appoggiare. E se non ci fossero, probabilmente li inventerebbe lui i Cinque stelle: è come se fossero sfuggiti da una sceneggiatura di Filippo Sensi, il Portavoce di Palazzo Chigi: abitanti di un mondo deformato, composto di escrescenze (“altro che Rai siamo alla #Dittaturai”), esagerazioni caricaturali prive d’ogni scala comparativa (“la mafia aveva una sua morale”). Avversari perfetti.

 

Qualche settimana fa, ad Arcore, durante una cena, Berlusconi ha chiesto a ciascuno dei commensali: “Ma tu chi voteresti se fossi costretto a scegliere tra Renzi e Grillo, o tra Renzi e Salvini?”. E quelli si sono trovati costretti, tra mille premesse, a confessare che se proprio costretti avrebbero votato Renzi. Poi qualcuno ha rivolto la domanda al Cavaliere. “E tu, presidente, tu chi voteresti?”. Sospensivo imbarazzo. Ma Berlusconi, in un lampo: “Renzi, ovviamente”.

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.