Beppe Grillo sul palco di Imola (foto LaPresse)

La psicorivoluzione che avanza

Marianna Rizzini

Dal "vaffa" al "processo di maturazione personale". Così il M5s si è trasformato in uno "psicomovimento" e Beppe Grillo in un motivatore-life coach. Ecco la "rivoluzione della felicità" che sarebbe in mano al singolo grillino, consapevole o meno.

Roma. C'era una volta il "vaffa" (di Beppe Grillo). C'erano una volta gli "zombie" in Parlamento e i partiti "marci" e i "padri puttanieri" e il giorno del giudizio (previa vittoria del M5s nelle urne) con redditometro-gogna per politici spreconi o ladroni o arraffoni. C'era una volta l'immaginario pulp-splatter e teatralmente truculento del Grillo da Tsunami tour dell'inverno 2013, anno dell'exploit e dell'ingresso del 5s alla Camera e in Senato. Ed era un Grillo, quello, che sul palco si trasfigurava in un Mangiafuoco dagli occhi di bragia e dalle braccia roteanti, instancabile sollevatore di indignazione presso masse già incazzate che sognavano l'ingresso dell'uomo della strada – l'Onesto – nella stanza dei bottoni e si assiepavano nelle piazze di paesi e città, sotto la neve e sotto la pioggia. E quell'evocazione della politica tradizionale "putrefatta", con mondo fosco di "delinquenti" a contorno, era rimasto a lungo, nell'universo a Cinque Stelle, il ritornello-base dell'opera di motivazione e di conquista del consenso. Ma il weekend scorso, a Imola, alla festa annuale del M5s, quell'immaginario è stato rovesciato da Grillo stesso, nella veste di "Elevato", come dice lui (una via di mezzo, diciamo noi, tra un motivatore life-coach e uno scientologo all'acqua di rose).

 

A Imola, infatti, la kermesse dove ci si immaginava "governativi" a dispetto della crisi di crescita di un movimento sempre in bilico tra la necessità di conservare l'intransigenza, sinonimo di diversità raccogli-voto dei delusi, e quella di edulcorarla per rendere possibile l'azione reale, Grillo ha rispolverato e amplificato il repertorio, a volte già usato nelle piazze in questi anni, della "rivoluzione della felicità" che sarebbe in mano al singolo grillino, consapevole o meno. Serve un processo di maturazione personale, era il mantra di Imola, ognuno deve fare il suo, ognuno deve passare da una rivoluzione della mente, diceva Grillo alla fine del primo giorno, disegnando i contorni di un Eldorado da decrescita felice, senza alta velocità, senza petrolio e con reddito garantito "non dal lavoro" (intanto lanciava nell'Autodromo le parole "sogno" e "utopia", sogno da fare tutti insieme come in una seduta di yoga all'alba). Un po' illusionista un po' sagrestano, il Grillo padre-collettivo di Imola celebrava la metamorfosi del movimento in "psicomovimento": lo voti, ci pensi, cambi te stesso, non sei più lo stesso, produci il cambiamento che è in te, e nulla potrà più tornare come prima, neanche il Movimento stesso, che diventerà di fatto inutile: i cittadini saranno autosufficienti, non servirà più Grillo né Casaleggio né Di Maio né Di Battista. Non serviranno più simboli. E le beghe terra-terra che intanto gli attivisti dei meet-up sottopongono ai membri del Direttorio? Quisquilie, evidentemente, rispetto alla grande psicorivoluzione che avanza.

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.