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Le dodici fatiche di @ale_moretti nel Veneto in cui pareva stella, quasi

Marianna Rizzini
E pensare che aveva avuto quasi un presentimento, Alessandra Moretti: “Non c’è contrapposizione tra due sinistre… è un’illusione ottica”, disse mesi fa.

Roma. E pensare che aveva avuto quasi un presentimento, Alessandra Moretti, mesi fa, sulla soglia dell’autunno, quando i primi freddi atmosferici e politici (tra partito e sindacato) si erano fatti sentire. Fu allora, infatti, che l’eurodeputata del Pd, non ancora candidata alla presidenza della regione Veneto (si era in fase di primarie), vedendo baruffa tra la Cgil e Matteo Renzi, se ne uscì con una frase rivelatasi poi soltanto un wishful thinking, ohimè smentito dagli eventi: “Non c’è contrapposizione tra due sinistre… è un’illusione ottica”. E però, tempo sei mesi, ecco che accade il patatrac, per giunta nel bel mezzo della campagna elettorale di @ale_moretti per la presidenza della regione, a dispetto delle speranze accumulate sul suo roboante account twitter (che funziona da “parte per il tutto”): ecco che Susanna Camusso, leader Cgil, incurante dei sondaggi non proprio incoraggianti per la candidata che doveva sbaragliare dopo anni e anni i “barbari sognanti” della Lega, tanto più che stavolta correvano divisi, Luca Zaia di qua e Flavio Tosi di là, dice “capisco l’imbarazzo che tanti di voi hanno di fronte alle regionali. Piuttosto che non votare, però, è meglio annullare la scheda”. Accadeva giorni fa, e Moretti, che dalla fine del 2012 era stata ininterrottamente considerata “giovane promessa” di qualcosa – e prima del Pd bersaniano, e poi, molto rapidamente, del Pd renziano, fino alla conquista con 230 mila preferenze di un seggio alle Europee – è precipitata nel buco nero dei non detti. Non si dice, quasi quasi, nel Pd, che quella regione, il Veneto, pare già persa: dieci punti di distanza tra Zaia e Moretti, questo prevedono i sondaggi, e uno si può attaccare finché vuole agli incerti e all’oscillazione dell’ultimo minuto, e anche, come fa “Ale”, al caso inglese, “dove i sondaggi non ne hanno azzeccata una”, ma certo la sensazione resta quella del mezzo-flop. E non si dice, nel Pd, quasi quasi, che Matteo Renzi in Veneto alla fine ci andrà guardingo, come pure guardinga c’era andata il ministro Maria Elena Boschi, sbarcata lassù nel nord-est per dare un aiuto, e più che altro per capire che cosa stesse succedendo (Ale Moretti, al cinquecentesimo giro per i Comuni veneti, mostrava comunque di apprezzare il gesto in un’intervista al Corriere della Sera). Non si dice neppure, a questo punto, che lei, Alessandra, stella della sera in ogni talk show nazionale sia in tempi bersaniani che in tempi renziani, rischia ora in Veneto, dove pure compare in tutte le trasmissioni locali che contano, non soltanto il suddetto fuoco amico sindacale (erosione voti verso le liste di sinistra extra pd), ma pure l’effetto-stritolamento al centro, ché Flavio Tosi piace molto ai centristi. Nemesi crudele per una che, come Alessandra Moretti, era nata centrista in famiglia centrista, candidata, nel lontano 2007, in una lista di giovani centristi.

 

“Non molliamo di un centimetro, avanti fino al 31 maggio; la partita è apertissima”, è lo slogan automotivazionale della candidata “ladylike” (le donne in politica devono essere “belle, brave, intelligenti ed eleganti”, diceva Alessandra, criticando tra le righe un approccio alla Rosy Bindi, definito “austero” e “mortificante”). E pensare che, nei sogni di gloria (e di partito) di fine 2014, Moretti avrebbe dovuto fare da “gemella del gol” a Debora Serracchiani, presidente pd della Regione Friuli Venezia Giulia. Invece ora piovono guai preventivi persino dai settori che la candidata considera strategici, vedi la Sanità veneta. Proprio la sanità, infatti, è stata ieri oggetto di una polemica a distanza con l’attuale assessore regionale Luca Coletto. Motivo: Alessandra Moretti diceva che il ministro della Salute Beatrice Lorenzin, al telefono, le aveva parlato di situazione “allarmante” della sanità in Veneto. L’assessore alla Sanità, invece, diceva che era impossibile che un ministro dichiarasse una cosa del genere. E @ale_moretti, alla dodicesima fatica, si consolava su Twitter, declinando in ogni forma il verbo “il coraggio di cambiare”.

  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.