(foto Ansa)

Piccola posta

Nella simulazione di elezioni, Putin è apprendista di Mussolini

Adriano Sofri

Il "consenso" del regime fascista toccava il 99 per cento nel 1934. Il dittatore russo ha ancora molta strada da fare e parecchi fondi di barile da raschiare

Bagattelle per un massacro. Non vorremo davvero allarmarci per il risultato del voto dichiarato dai contabili della Federazione russa. Benché abbia abbondantemente superato il ventennio, il regime si è fermato al 74 per cento dei votanti sugli aventi diritto, e nemmeno all’88 per cento di consensi per Putin. Ben prima di toccare il ventennio, il regime fascista era passato, dal 65 per cento del 1924, al 98 per cento del 1929 (il plebiscito, c’era una lista decisa dal Gran Consiglio del fascismo, si diceva Sì o No), al 99,85 per cento del 1934. (Nel 1934 il No raggiunse dunque lo 0,15 per cento: nemmeno uno spezzone di coda al cimitero di Navalny).

Quanto alla partecipazione, nel 1929 i votanti italiani furono il 90 per cento sugli aventi diritto (solo maschi). Nel 1934 i votanti furono il 96,5 per cento. Fu l’ultima volta, nel 1939 si passò alla Camera dei fasci e delle corporazioni, niente più voti, ormai era superfluo, tutti nominati. Nel 1943 capitò il 25 luglio e diventò troppo tardi per fingere di rinnovare quella Camera.

Quanto a consenso popolare sancito dalle urne, Putin è dunque un apprendista rispetto a Mussolini. Ed è incresciosamente timido, simulando ancora come una competizione elettorale quello che tutto il mondo chiama plebiscito. Certo, ha ancora tempo. Nel 2012 prese appena il 63,6 per cento. Nel 2018 un passo avanti, ma fermandosi al 76,7 per cento. Ora quasi l’88. C’è ancora un vasto fondo del barile da raschiare. Se lavorerà bene, e moltiplicherà le operazioni militari speciali, nel 2030 Putin potrà avvicinare, dopo 34 anni al potere, il consenso che il regime fascista aveva saputo guadagnarsi in sette anni. Dilettante.

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