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Nell'epoca dei muri, la fissazione per il Ponte sullo Stretto. Una proposta

Adriano Sofri

Costruire soltanto un tratto stradale breve, duecentotredici metri, e senza capo né coda, collocato in cima a una sola torre di 400 metri. Le fondamenta offrirebbero l’ambiente più favorevole ai pesci e la sua campata aerea agli uccelli. Il culmine universale dell’arte per l’arte

Promemoria.

Cancellare la raccomandazione di consultare Wikipedia alla voce Nagorno Karabakh. Non importa più (voleva dire più o meno “giardino montuoso”, comunque). Non esiste più.

E smettere di dirsi contrari al ponte sullo Stretto. Salvini ha assicurato: “I soldi per cominciare i lavori ci sono”. E’ un’idea magnifica. Avete visto a Siena quel pezzo dell’ingrandimento del Duomo, la navata destra e il Facciatone, che è restato lì perché erano finiti i soldi ed era venuta la peste? Ecco: questa volta si può fare, ancora più in grande, e non per caso, per scelta! Indire un nuovo, smisurato concorso internazionale di idee. Il mio progetto mira a lasciar perdere la fondazione sull’uno e sull’altro dei bordi dello Stretto, che comporterebbe, specialmente sul versante continentale di Scilla, sbancamenti colossali e rovinosi. Ed elimina i rischi connessi ai terremoti (i progetti degli altri vantano una sicurezza antisismica fino a scosse di magnitudo 7.1 della scala Richter, quella del terremoto di Messina e Reggio Calabria del 1908: e se poi è di 7.2?) e al vento (fino a raffiche di 270 km/h, e se poi è di 271?). E i rischi connessi al maneggio di imprese concorrenzialmente quasi imbattibili, come Cosa Nostra, benché pregiudicata, e la illesa multinazionale ’Ndrangheta. Quanto al transito delle navi, non ci sarebbe più il problema. Costruirei dunque soltanto un tratto stradale breve, diciamo duecentotredici metri, e senza capo né coda, collocato in cima a una sola torre (invece di due e più, tutto risparmio), a un’altezza di 400 metri, un metro più dei progetti esistenti, che sono di 399 metri, come i prezzi al supermercato.

Una simile opera non avrebbe niente a che fare con il traffico automobilistico e ferroviario, e lo proclamerebbe – va benissimo così com’è. Ma costituirebbe un monumento senza precedenti all’ingegno e al genio umano e alla sua gratuità: il culmine universale dell’arte per l’arte.

Le fondamenta della gran torre offrirebbero l’ambiente più favorevole a pesci e molluschi e sirene, e la sua campata aerea agli uccelli migratori, compresi i falchi pescatori che scamperebbero così agli sniper di terraferma. Scommetto che Scilla e Cariddi, pacificate e restituite alla loro pristina bellezza di naiadi, verrebbero a prenderci il sole (sento già l’obiezione: una parlamentare della maggioranza proporrà di ampliare la piattaforma aerea per allocarci i migranti irregolari, ma una parlamentare dello stesso gruppo spiegherà che così se ne degraderebbe l’attrazione artistica ed ecologica per il turismo delle grandi navi da crociera, e il momento culminante dell’inchino).

Stanno studiando i muri in mare, del resto. Qualcuno immaginò la modernità (Musil forse?) come un ponte di cui è crollata la campata e sono rimasti solo i pilastri opposti – come oggi in Ucraina. Ecco, io immagino la soluzione opposta. Economia, Orazio, economia! Non occorrerà mai più bombardarlo. Lo progettiamo già bombardato. Dopotutto, invertire i luoghi comuni è la morale di questi giorni. Piantarla (era ora) con gli italiani brava gente: tedeschi brava gente! In generale, i ponti sono invisi alle classi dirigenti di oggi, salvo questa provinciale fissazione per il ponte sullo Stretto, che peraltro ha perso la sua ambizione ingegneristica e umanistica e ha conservato solo la golosità finanziaria. Alla luce dello stato d’animo contemporaneo, il ponte sullo Stretto mi ricorda il tunnel scavato a mano per uscire dall’assedio di Sarajevo in cui si incontrarono, chinati per non sbattere la testa sulla travatura bassa, Zlatko che voleva uscire e Selim che voleva rientrare, ed esclamarono all’unisono: “Ma dove cazzo vai!”.

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