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Contro il riflesso indulgente "almeno si è ucciso anche lui" di fronte a un femminicidio

Adriano Sofri

Chi “si toglie la vita”, espressione gentile, dopo averla tolta a lei, è la conferma dello spirito che anima l'assassino: perfino chi è pronto a “togliersi la vita” non è disposto a “lasciarla” alla donna

“Poi si è tolto la vita”. Quando, come ieri a Marsala, una donna viene assassinata da un uomo che poi si uccide, interviene un riflesso più o meno condizionato: “Almeno si è ucciso anche lui”. Vorrei obiettare a quel riflesso. Che, “senza volere” – è un’espressione dubbia, “senza volere” – insinua, se non un pareggio, almeno qualcosa come una compensazione. E’ morta lei, ma almeno è morto anche lui. Un riflesso che, senza accorgersene – è un’espressione dubbia, “senza accorgersene” – gli dà l’attenuante di non aver agito per puro egoismo: non riusciva a rassegnarsi a un mondo in cui lei, la “sua”, vivesse libera da lui, ma non poteva nemmeno immaginare un mondo in cui lui le sopravvivesse. Il fatto è che una specie di pietà distribuita fra lei e lui – la pietà è una forte tentazione a distribuirsi al di sopra di tutto, di lei, della bambina di tre anni che era di lei e di lui, di lui, e specialmente di chi la prova, la pietà – aiuta a non vedere la sostanza della cosa. Un uomo disperato, un uomo che “senza te non posso più vivere”, smetta di vivere e si guadagni la pietà, ammesso che il pensiero gli serva. Ma chi “si toglie la vita”, espressione gentile, dopo averla tolta a lei, è la conferma dello spirito che anima il femminicidio: non posso vivere senza te, dunque non puoi più vivere. Il resto è un corollario, forse disperato, forse indulgente. Forse migliore, ma chi può dirlo? della viltà dei tanti, una maggioranza, che dopo averla assassinata “tentano di uccidersi”. E non ci riescono: hanno esaurito le forze. Dopo averle “inferto 26 coltellate”, si capisce, poveri, esausti, che non vadano oltre qualche taglietto sulla propria cute. Materia per l’avvocato.

Si può pensare che il suicidio sia l’esito di un’improvvisa illuminazione dopo l’assassinio compiuto, l’orrore per sé di chi un momento prima era ottenebrato dal suo famoso raptus di gelosia, dalla sua famosa ferita nell’onore. Ma già la prima cronaca dice che le ha sparato con un fucile, e poi, qualche tempo e qualche kilometro dopo, si è sparato con una pistola. Un raptus corredato da un’armeria.

Dunque quel riflesso è insensato. Il doppio gesto è la più chiara delle conferme. Perfino chi è pronto a “togliersi la vita” non è disposto a “lasciarla” alla donna. Non più “sua”, dunque di nessuno: nemmeno di lei, nemmeno della “loro” bambina. All’altro mondo, ma “l’ha portata via con sé”. Nessuna proprietà è così sacra, nessun proprietario è così capace di un doppio sacrificio. Non desiderare la donna d’altri, non ti rassegnare a che la tua donna sia d’altri, e nemmeno sua propria. A costo della vita – delle vite.

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