Foto Ansa 

Piccola Posta

Come mai Prigozhin si è fidato fino a questo punto di Putin?

Adriano Sofri

Mentre c'è ancora chi dubita della dipartita del capo della Wagner, viene da chiedersi a chi si fosse affidato quest'ultimo per assicurare la propria vita

Ci sono aspetti lugubremente comici nella vicenda mortale di Evgenij Prigozhin. Domenica le autorità russe competenti hanno confermato, sulla base del test del Dna, che fra i dieci morti ammazzati dell’aereo c’era anche lui. Ma tre giorni prima il presidente della Federazione Russa, Vladimir Putin, aveva, nello stile toccante che gli è proprio, commemorato i membri della Wagner e personalmente Evgenij Prigozhin e il suo talento affaristico e militare non esente da errori. Non aveva avvertito: “Se il test del Dna confermerà...” eccetera. Mentre fior di spiriti scettici, cui non la si fa, continuavano a dubitare, lui no. Si poteva immaginare del resto che Putin commemorasse, nome e cognome, un suo morto (sic!) col rischio che quello risorgesse in qualche oasi africana a fare cucù? Verum ipsum factum, diceva Vico, che si potrebbe tradurre all’ingrosso come: di niente sei così sicuro come di ciò che hai fatto tu. 

Qualcuno dubita ancora, del resto. E poi Putin ha tanti sosia, e volete che Prigozhin, quel celebre feticista delle parrucche, non ne avesse almeno uno? Meno coltivata, e molto più interessante, è la domanda su come mai Prigozhin e i suoi stretti si fossero fidati fino a questo punto di Putin. Ieri se lo chiedeva sul Corriere Luciano Fontana, lasciando il punto interrogativo. E’ molto più interessante, perché se è vero che lo stato maggiore della Wagner a bordo di quell’aereo la sapeva lunga sul funzionamento del regime, e se è provato che Prigozhin avesse apertamente dichiarato di aspettarsi di essere ucciso, allora è ragionevole dedurne che loro e lui avessero deciso di prendere qualche contromisura. E che l’assicurazione sembrasse loro tanto solida da indurli alla leggerezza inaudita di viaggiare e mettersi a repentaglio tutti insieme, andando incontro a quei tipici desideri che il popolo abbia una testa sola, per pensarla come l’imperatore e, in caso contrario, mozzargliela.

Dunque, poiché i regolamenti di conti interni al potere russo sono limpidamente mafiosi, si può immaginare che prima di imbarcarsi Prigozhin avesse consegnato in mani ritenute sicure la propria privata assicurazione, cioè i segreti che gli facevano credere che Putin gli avrebbe premurosamente garantito la vita. Se è andata così, allora Putin avrebbe sfidato il rischio considerando superiore il guadagno della liquidazione di Prigozhin e del suo gran consiglio; oppure avrebbe corso quel rischio qualcun altro, convinto di fare un gran regalo a Putin o, ancora più, a se stesso. Se fosse così, e se Prigozhin non avesse platealmente sbagliato a scegliere le mani cui affidare il proprio salvacondotto, ci sarebbe una grossa bomba a orologeria piazzata proprio sotto il Cremlino.

Di più su questi argomenti: