il viaggio in africa

Il tour di Prigozhin nei due mesi dopo la marcia su Mosca

Le visite a Bangui, gli incontri con i leader africani, il video in Mali e il rivale del Gru che prende il suo posto nelle riunioni con Putin

Micol Flammini

Una fine annunciata ma accelerata. Il capo della Wagner prima dello schianto del suo jet privato ha cercato di mettere in salvo i suoi affari, che servono molto al Cremlino soprattutto ora che Kyiv ha sfondato la prima linea di difesa russa a sud

Ma se Evgeni Prigozhin si fosse ritirato, avesse scelto di raccogliere i lingotti d’oro, di riposarsi, di sparire dalla vita di Vladimir Putin, della Russia, dei russi, sarebbe ancora vivo? Nessuno conosce la risposta, si possono soltanto immaginare i suoi travestimenti in riva al mare, ma abbiamo la certezza che  dopo la sua marcia verso Mosca Evgeni Prigozhin ha pensato a tutto fuorché a ritirarsi. E’ stato molto attivo e ha fatto di tutto per salvare i suoi affari e quelli della Wagner, che coincidevano. Il Wall Street Journal ha raccolto informazioni su come Prigozhin ha trascorso  gli ultimi due mesi, quelli che separano l’abbrivio di ammutinamento dallo schianto del jet privato di cui ieri sono  state trovate le scatole nere. Venerdì scorso, il capo dei mercenari era andato a Bangui, in Repubblica centrafricana, a incontrare il presidente Faustin-Archange Touadera. Non era scontato che lo ricevesse, perché a luglio, durante il vertice che  il Cremlino aveva organizzato con i leader africani a San Pietroburgo, Touadéra non aveva voluto farsi fotografarecon  Prigozhin, che si aggirava per il summit. Aveva invece incontrato Putin che gli aveva annunciato che era arrivato il momento di prendere le distanze dalla Wagner. Per cui, l’incontro della scorsa settimana nel palazzo presidenziale di Bangui è stato uno strappo: Prigozhin era lì per assicurare al leader che avrebbe continuato a occuparsi della sicurezza del paese e che la marcia su Mosca non era un impedimento agli affari. Poi ha continuato a viaggiare per l’Africa, è arrivato in Mali, ha girato un video urlante in cui giurava di rendere la Russia ancora più grande e l’Africa ancora più libera, è rimontato sull’aereo, è atterrato a Mosca. 

 

Anche Putin, nel parlare di Prigozhin, ha ricordato i suoi interessi in Africa, diamanti, oro, legno, petrolio, tutto ottenuto in cambio della promessa di sicurezza.  Durante la riunione di luglio a San Pietroburgo con i paesi africani, i leader vennero introdotti in una sala conferenze sfarzosa e dorata e con Putin c’era il generale Andrei Averyanov, capo dell’unità 29155 dell’intelligence militare russa, il Gru, che si è occupata anche degli avvelenamenti in Europa e che aveva una sua base sulle Alpi francesi. La presenza di Averyanov, un uomo di fiducia,  era un messaggio: per Prigozhin era un rivale. Ed era un segnale: il Gru gestisce la transizione di potere nella Wagner. Prigozhin era preoccupato che le attività della sua compagnia in Africa finissero nelle mani dell’intelligence militare e voleva evitarlo e anche a questo scopo era destinato il suo ultimo viaggio in Africa. Durante i giorni del summit era presente anche il trafficante d’armi Viktor Bout, Prigozhin invece, che già cercava di mettere al sicuro i suoi interessi, incontrava gli africani nell’albergo Trezzini Palace, con i leader che evitavano di farsi vedere in sua compagnia.  

 

Ieri Putin ha imposto il giuramento di fedeltà allo stato a tutti i paramilitari, oltre alla Wagner ci sono altre compagnie di mercenari e altre ne stanno nascendo, con il giuramento sono sempre meno mercenarie e sempre più integrate. 
Non sappiamo cosa sarebbe successo se Prigozhin fosse rimasto in silenzio dopo l’ammutinamento. Alcuni analisti suggeriscono che la fine sarebbe stata la stessa, forse con meno fretta: il Cremlino voleva al più presto  accentrare gli affari della Wagner. La guerra lunga ha bisogno di sostentamento, ieri gli ucraini hanno sfondato le prime linee di difesa russe a sud.
 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.