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Per i tre del massacro di Ponticelli forse si avvicina la revisione del processo

Adriano Sofri

Un delitto che ebbe per vittime, nel 1983, due bambine, e per il quale furono condannati tre giovani, che si sono sempre rivendicati innocenti. Molto sembra dargli ragione oggi, anche la Commissione antimafia si è pronunciata in favore

Domenica sera ho guardato, non da principio perché mi ci sono imbattuto di passaggio, il programma delle Iene intitolato “Mostri o innocenti?” e dedicato all’orribile “massacro di Ponticelli” che ebbe per vittime, quarant’anni fa, nel 1983, due bambine, e per il quale furono condannati tre giovani, che hanno scontato per intero la loro pena e si sono sempre rivendicati innocenti. Ne ero del tutto ignaro, e mi dispiace. Dalla puntata, condotta da Giulio Golia, ho appreso che il tema era già stato trattato, e che di recente era stata la Commissione antimafia, dopo aver ascoltato i tre condannati, che erano e sono rimasti amici al punto di condividere le loro vite famigliari come avevano condiviso galera e celle, a pronunciarsi per una revisione del processo, fondata anche sul ruolo avuto nella loro vicissitudine dalla camorra. Sono stato violentemente impressionato, benché tema di avere ormai la pelle indurita. (Leggo che Giorgia Meloni, presidente del Consiglio, dice di volersi interrogare sulla vicenda, e di “vedere che cosa si può fare”). Alla fine della trasmissione ero persuaso che si fosse dimostrata, oltre che l’innocenza di Ciro Imperante, Giuseppe La Rocca e Luigi Schiavo, i tre condannati (all’ergastolo, che grazie al cielo non è stato per loro ostativo: sono usciti, “per buona condotta”, dopo 27 anni…) la cialtroneria e la mala fede dell’indagine. Al contrario, non ho sentito una mala fede nelle parole di Arcibaldo Miller, all’epoca sostituto procuratore a Napoli. Proprio Miller, intervistato per telefono ma a lungo e in una calma conversazione, mi è sembrato suggellare la persuasione di chiunque avesse guardato il programma. Ha detto che tutti possono sbagliare. Gli occorreva solo un piccolissimo sforzo per dire: “Abbiamo sbagliato”. I tre hanno un gran merito, fra i molti: di essere riusciti a restare vivi. Mi auguro che lo restino abbastanza a lungo dopo che una revisione avrà restituito loro il riconoscimento che la giustizia li ha derubati dell’onore e di tanta parte della vita. Quella, non restituibile.