Grozny, 2005 (Ansa) 

piccola posta

Un manuale su come sconfiggere un impero. Lezioni dalla guerra in Cecenia

Adriano Sofri

Una parabola che da Grozny va a Kyiv. La ricostruisce Francesco Benedetti, storico di quel territorio grande, cioè piccolo, che ha sconfitto l’esercito russo in una devastante guerra tra il 1994 e il 1996, e ne è stato sconfitto in una seconda guerra di sterminio nel decennio tra il 1999  e il 2009

Segnalo oggi un caso culturale e umano piuttosto straordinario. Riguarda la Cecenia, e un giovane fiorentino che non ci è mai stato, non ne conosce la lingua, non conosce (ancora) il russo, ed è diventato lo studioso più autorevole della storia contemporanea di quel piccolo paese dai destini fatali. Francesco Benedetti è nato nel 1987, si è laureato in Storia, ha una famiglia, una sua professione, una pratica musicale metal, e si appassionò presto alla vicenda di quel territorio grande, cioè piccolo, come una minore regione italiana, e popolato da poco più di un milione di persone, che si è ribellato per secoli all’impero russo e che, alla fine della versione imperiale sovietica, ha preteso l’indipendenza, ha sconfitto l’esercito russo in una devastante guerra aperta tra il 1994 e il 1996, e ne è stato sconfitto in una seconda guerra di sterminio nel decennio tra il 1999  e il 2009. Al costo della falcidie di un quinto della sua gente, dell’esilio di migliaia, della sottomissione dei rimasti alla corte di Putin, di cui sono diventati i pretoriani esosi ed efferati. Benedetti ha deciso di ricostruire su giornali, trasmissioni e memorie la cronaca quotidiana di questa vicissitudine, e di raccoglierne direttamente tutte le voci ancora disponibili, in ogni parte di mondo in cui si sono disseminate. Mette così insieme una mole impressionante di racconti, che va diventando il riferimento internazionale principale per chi voglia conoscere il conflitto fra Cecenia e Russia dopo il 1991, e per gli stessi protagonisti. Se ne è fatto editore, stampando (e vendendo, in volume, 15 euro, o Kindle, 5,99 euro) attraverso Amazon, e intanto mettendo in rete una profluvie di interviste e fonti su Facebook, al suo nome e a quello di Ichkeria.net – il nome della repubblica cecena. 

Solo in certi bambini speciali o in certi inquietanti concorrenti al “Rischiatutto” sorge e dura il proposito di sapere tutto di qualcosa. Un pezzo leggendario del Caucaso, Pushkin e Tolstoi e Lermontov – e Anna Politkovskaya – chi non vorrebbe? Senza una simpatia intima per il suo tema una simile ambizione non potrebbe esistere, e tuttavia nell’opera di Benedetti ai valori dell’audacia, della tenacia e della fiera tradizione montanara sono congiunti il disonore, la rivalità, il fanatismo e la violenza che nel corso di una lotta così strenua, impari e spietata si sono fatte strada. La Cecenia del ’91 aveva il suo passato tragico da vendicare, e lo rivendicò più presto che altri paesi, compresa l’Ucraina: dopo la grande carestia dell’Holodomor ucraino negli anni 30, che aveva infierito anche nel Caucaso, venne la brutale deportazione del 1944 in Siberia e in Kazakistan: nessun ceceno dei nati fra il 1944 e il 1956 (e oltre) nacque in Cecenia. Il primo volume, “Libertà o morte. Storia della repubblica cecena di Ichkeria (1991-1994)”, 425 pagine, era uscito in italiano e in inglese (c’è una versione cecena in corso) nel febbraio 2020. Il secondo, “La prima guerra russo-cecena. 1994-1996”, 373 pagine, è uscito l’altroieri (in inglese a marzo). 

L’autore lo presenta così, in un modo che raccomando energicamente: “La guerra in Ucraina è iniziata in Cecenia. Può sembrare una provocazione. Eppure, è la realtà che rivelano le pagine di questo secondo volume, interamente dedicato alla Prima guerra russo-cecena. Genesi, sviluppo e svolgimento di questo sanguinoso conflitto sembrano la bozza del copione cui il mondo sta assistendo in questi mesi tra il Donbas e la Crimea. Anche allora, come oggi, la Russia invase uno stato libero, mascherando la guerra che stava scatenando dietro alla definizione di ‘operazione speciale’. Anche allora, come oggi, il nemico dello stato russo era stato etichettato e demonizzato: se Zelensky e il suo governo sono chiamati oggi ‘nazisti’, Dudaev e i suoi ministri furono chiamati allora ‘banditi’. Anche allora, come oggi, convinti della loro superiorità, i comandi militari marciarono sulla capitale, pretendendo di piegare un popolo alla loro volontà, come avevano fatto più volte in epoca sovietica. Ma anche allora, come oggi, furono costretti a ritirarsi, per poi scatenare una sanguinosa guerra totale, la più devastante guerra europea dal 1945.

La Prima guerra russo-cecena fu il primo tragico prodotto del revanscismo russo: il ‘punto zero’ di una parabola che da Grozny porta a Kiyv, passando dalla Georgia, dalla Crimea, dalla Bielorussia e dal Donbas. Con una differenza sostanziale: che quella prima guerra contro la Cecenia, i russi, la persero. Le loro ambizioni, poggiate sulle fondamenta logore di un impero fatiscente, finirono frustrate dalla caparbietà di una nazione immensamente inferiore, per numero e per mezzi, a quella ucraina, che oggi difende la sua terra dalla guerra scatenata da Putin.

Questa storia può impartire a chi avrà la pazienza di leggerla due importanti lezioni: cosa succede quando si assecondano le ambizioni di un impero, e come si fa a sconfiggerlo. Se è già tardi per mettere in pratica la prima, per la seconda siamo ancora in tempo”.