Gianfranco Spadaccia nel 2018 (Ansa)

Piccola posta

Gianfranco Spadaccia e il suo essere Noè

Adriano Sofri

Nell'eredità del Partito Radicale ci sono state molte divisioni, ma come il patriarca biblico dopo il diluvio, non ha avuto responsabilità sulla diaspora. Un ricordo del suo libro

Caro Gianfranco Spadaccia, oggi ho ripreso in mano la tua storia. “Il Partito Radicale. Sessanta anni di lotte tra memoria e storia”. Dopo averlo letto grazie a te via via che lo scrivevi, e dopo aver festeggiato il suo arrivo nella veste incomparabile di casa Sellerio, non l’avevo riaperto. Nel frattempo molte cose sono successe nel retaggio di quello che fu con varie denominazioni il Partito Radicale, e anche quelle non le ho seguite abbastanza, cosicché immagino di non saperne alcune, e di alcune altre avrei preferito non sapere. Sarà perché nella mia testa compari inestricabilmente con Marina e con una cagnolina, tu e il tuo libro mi siete sembrati come Noè e i suoi, umani e altri animali, all’imbarco sull’arca. Noè, come te, dev’essersi sincerato che tutti fossero a bordo prima di ritirare la passerella, chiudere e affidarsi al diluvio. Qui finisce il tuo libro. Non era affar tuo farti carico della diaspora universale dopo lo sbarco. (Forse, anzi sicuramente, per un po’ ci hai provato, poi ti sei rassegnato, andasse ciascuno per la sua strada). Ecco. Tanti altri la racconteranno ancora quella vicenda, in forma di ricordi personali o con sguardo da storici, sarà comunque un’altra cosa. Per molte e molti resterà un’esperienza di amicizia, che non è poco, e probabilmente è il più. Salute a te, Gianfranco, amico.  

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