Manifestazioni dei portuali di Trieste contro il green pass (Ansa) 

piccola posta

Il portavoce dei portuali di Trieste si è messo in un grosso guaio

Adriano Sofri

C'è un equivoco con il quale Stefano "Ciccio" Puzzer dovrà fare i conti: il Coordinamento dei lavoratori si costituì nel 2014 in un legame organico con l’indipendentismo triestino e il vigore del Territorio libero. Priorità a lavoratori locali italiani nei confronti di altri italiani?

Confermo: che Stefano “Ciccio” Puzzer è simpatico e che si è messo in un grosso guaio. Nella migliore delle ipotesi dovrà rivedere da capo a fondo le sue convinzioni. Nella peggiore, lo attende una smagliante carriera politica. Ieri era commovente leggere i commenti che centinaia di persone scrivevano in calce al sito Fb del Coordinamento dei lavoratori del porto di Trieste, Clpt, peraltro sguarnito di aggiornamenti nell’impegno della mobilitazione: “Siete l’orgoglio dell’Italia”, “Siete i veri patrioti”, “Il nostro onore nazionale”… Puzzer poi diceva parole belle e intelligenti, sul diritto al lavoro secondo Costituzione, sull’Europa che ammonisce a non discriminare i non vaccinati, sul rifiuto di barattare con i tamponi gratis a Trieste la solidarietà con tutti i lavoratori italiani. Parole e gesti che attraggono ormai l’approvazione e la speranza di alcuni che sono non solo vaccinati (anche gran parte del Clpt lo è) ma fautori del vaccino e perfino del green pass, ma hanno nostalgia della vecchia bella canzone.

   

  

Perché allora dico che c’è un equivoco, che Ciccio e Stefano Puzzer dovranno regolare i propri conti? Il Clpt si costituì, se ho capito bene, nel 2014, da varie provenienze sindacali e politiche, e in un legame organico con l’indipendentismo triestino e il vigore del Territorio libero – e non solo l’Allegato VIII del Trattato di Parigi, che è diventato poi materia di studio congiunto con l’Autorità portuale (il Trattato di pace di Parigi, 1947, che costituì il Territorio libero di Trieste, nell’Allegato VIII riconobbe al porto franco triestino l’extraterritorialità, confermata dalla Repubblica italiana). Il Puzzer di allora a Trieste Libera Impresa: “Muli miei de Libera Impresa, voi fe parte de noi, senza de voi non saremmo riusciti ad arrivare fino a qui. W NOI”). Patrioti allora avrebbe significato solo triestini, e l’Italia si sarebbe scritta con la g.

  

Alla nascita del Clpt stanno episodi come questo, nelle sue parole: “La situazione all’interno del Porto è tesa già da tempo, ma la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata sicuramente la messa in liquidazione della Cooperativa Sopracarichi con la conseguente perdita di lavoro di otto concittadini e il contemporaneo arrivo di altrettanti lavoratori provenienti da Taranto e di stanza al Terminal Container del molo VII… Scegliamo di continuare a operare con i soliti standard produttivi, ma su due punti non siamo disposti a trattare: sul riconoscimento del neocostituente ‘Coordinamento lavoratori portuali di Trieste’ e sul fatto che l’Autorità portuale recepisca il testo dell’Allegato VIII con il quale viene data priorità ai lavoratori triestini nelle assunzioni e negli incarichi al Porto di Trieste”. 

  

Non ho mai sentito altrove di una priorità a lavoratori locali italiani nei confronti di altri italiani (ne ho fin troppo sentito nei confronti di stranieri). Successe a certi leghisti di denunciare l’“invasione” di insegnanti italiani meridionali nelle scuole della Padania. Ma Trieste e la dannazione della sua storia hanno le loro pretese. E dopo la Prima guerra, quando passò all’Italia, il governo e poi fanaticamente il regime fascista perseguirono un’immigrazione di “regnicoli”, specialmente dal meridione, in mestieri pubblici essenziali, soprattutto la scuola (e perfino la chiesa) per espiantare e sostituire la minoranza slovena. Ma era un’altra storia, infame davvero. 

 

Bisogna che molto cambi, perché tutto non resti come prima.