Una protesta contro il green pass a Trieste a settembre (Ansa) 

piccola posta

Chi pensi di aver capito che cosa sta succedendo a Trieste si ricreda

Adriano Sofri

Sognatori rivoluzionari, scettici sul Covid e però vaccinati, disdegno per i tamponi gratuiti. La città dei portuali sembra una specie di Reggio Calabria mitteleuropea, una scintilla che incendia un territorio e conferma la capricciosità della storia

Chi pensi di aver capito che cosa sta succedendo a Trieste si ricreda. Io, per esempio, non ho capito. Sto a vedere. Mi è simpatico Stefano Puzzer. Si è cacciato in un guaio, benché probabilmente non se ne preoccupi granché ora che è finito su una cresta d’onda e deve corrispondere alle aspettative altrui. Ho provato a fare la sua conoscenza attraverso Facebook, non avevo altri mezzi al momento. Post arretrati, sinceri comunque, medie di pochi spiccioli di like. Sognatore rivoluzionario. Resistenza apprezzabile, ogni tanto più flebile (“Xe una question de dignità umana. Se fosi x mi i staria a casa sua e li iutasi la ma la politica vol che se odiemo tra noi tuto qua”) alla gran maggioranza di interlocuzioni ostili o incattivite verso gli stranieri poveri. Favore a un autonomismo – indipendentismo? Porto franco, Territorio Libero? – triestino, in presenza di una maggioranza di interlocuzioni accanitamente anti-italiane. Benemerito amore per Maradona, comunque. Imperterrito scetticismo sul Covid e però vaccinato. Iniziative solidali verso i più colpiti dalla pandemia.

Poi, all’improvviso, piazze piene, proclamata assunzione di responsabilità verso tutti i lavoratori italiani, disdegno per i tamponi gratuiti, e programma massimo: oltranza fino al ritiro completo del green pass. Quando scrivo, dal Coordinamento viene la proposta di rinviare alla fine del mese l’entrata in vigore dell’obbligo del green pass, per prendere tempo prima del mezzogiorno di fuoco. Situazione interessante. Una specie di Reggio Calabria mitteleuropea (sia detto da chi riconobbe a Reggio altro che la Madonna e il capoluogo, e da chi a Trieste vorrebbe morire): una scintilla che incendia un territorio, promuove capi improvvisi, rinfocola secessioni e suggerisce unioni, si inebria dell’orgoglio di minoranza anche quando solidarietà e altruismo stanno dalla parte della maggioranza. E conferma della capricciosità della storia. Era la sola cosa che a Mario Draghi restava ancora da imparare. La sola che può indurre anche i più responsabili, come Zeno D’Agostino (come Mario Draghi?) a immaginare come sarebbe bello dimettersi.

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