La statua di Dante in piazza Santa Croce a Firenze (Ansa)

piccola posta

Dante giù dal piedistallo, sì, ma senza abbattere la statua

Adriano Sofri

La si anima soltanto, provvisoriamente, per far da suggeritore a quelle ragazze e quei ragazzi che, interrogati, saprebbero dire: “Dante, quello della piazza, sul piedistallo ci sediamo la sera”. Quello che sa come si parla alle ragazze

L’altroieri, giusto nell’anniversario, il settecentesimo, della morte di Dante, ricevo in dono il volumetto di Lella Costa e Gabriele Vacis, Intelletto d’amore (i Solferini, 128 pp.). “Quattro donne e un poeta”, le quattro sono Gemma Donati, Francesca, Taide (specialmente Taide, diciamo) e Beatrice. Allora l’ho letto. Quando leggete, che voce vi sembra di sentire sotto la lettura silenziosa, la vostra, o una anonima per il vostro doppiaggio universale, o la voce che attribuite all’autrice o all’autore? In questo caso era naturale leggere e sentire la voce di Lella Costa (Vacis si prende la sua parte, del resto): un audiolibro silenzioso. Tra il sublime e il basso: “Fatti non foste a viver come Drupi”. La presentazione dice di una versione della vita e dell’opera che “espugna il piedistallo del Sommo Vate”. Il piedistallo, eh!, non è che si butti giù la statua, la si anima soltanto, provvisoriamente. Per esempio, per far da suggeritore a quelle ragazze e quei ragazzi che magari Dante a scuola non l’hanno avuto, o vengono da altre parti, però, interrogati, saprebbero almeno dire: “Dante, quello della piazza, quello sul cui piedistallo ci sediamo la sera”. Quello che sa come si parla alle ragazze. “Donne ch’avete intelletto d’amore… Amor sì dolce mi si fa sentire, che s’io allora non perdessi ardire, farei parlando innamorar la gente”. “Dante lo sa bene che il suo pubblico sono soprattutto ragazze, donne. Proprio come adesso…”.

C’è quel bellissimo racconto di Boccaccio nel Trattatello in laude di Dante, Maria Pellegrini l’ha appena messo in epigrafe al suo brillante studio su La storia romana nella Commedia di Dante (Futura Libri, 128 pp.). “…e i capelli e la barba crespi e neri, e sempre malinconico e pensoso. Per la qual cosa avvenne un giorno in Verona (essendo già divulgata per tutto la fama delle sue opere, ed esso conosciuto da molti e uomini e donne) che, passando egli davanti a una porta, dove più donne sedevano, una di quelle pianamente, non però tanto che bene da lui e da chi con lui era non fosse udita, disse a l’altre: ‘Donne, vedete colui che va ne l’inferno, e torna quando gli piace, e qua su reca novelle di coloro che là giù sono!’ Alla quale semplicemente una dell’altre rispose: ‘In verità egli dee così essere: non vedi tu come egli ha la barba crespa e il color bruno per lo caldo e per lo fummo che è là giù?’. Di che Dante, perché da pura credenza venir lo sentia, sorridendo passò avanti”.