Miliziani di Ahmad Massud nella valle del Panjshir (LaPresse) 

piccola posta

Com'è amara la generosa resistenza dei combattenti del Panshir

Adriano Sofri

Il 9 settembre di vent'anni fa, alla vigilia degli attentati americani, il Leone del Panjshir, Ahmad Shah Massud, fu assassinato da due terroristi suicidi di al Qaida. Ora questa favolosa valle, più piccola del Molise, torna strategicamente cruciale

L’11 settembre sopporta male le commemorazioni, vuole tenere il conto aperto. Anzi, il 9 settembre. Quel giorno, vent’anni fa, alla vigilia degli attentati americani e quasi ad annunciarli, il leggendario Leone del Panjshir, Ahmad Shah Massud, fu assassinato da due terroristi suicidi di al Qaida travestiti da intervistatori. Nell’esplosione restò ferito Fahim Dashti, poco più che ragazzo, devoto alla gloria di Massud e al proprio sogno di giornalismo. Sarebbe diventato il giornalista e il fautore della libertà di stampa più colto, elegante e autorevole in Afghanistan, il più prezioso per la stampa internazionale. (Se ne leggeva ieri un esempio sul Corriere a firma di Andrea Nicastro).

Portavoce del Fronte nazionale di resistenza, fraterno amico e consigliere del figlio di Massud, Fahim Dashti è morto sabato, combattendo, o colpito da un drone pachistano. Con lui è morto anche il generale Abdul Wadud Zareh, che di Massud era nipote, e altri fra i più noti comandanti dei cosiddetti “insorti”. Ieri i talebani avevano infine occupato Bazarak, il capoluogo della provincia, e issato la loro bandiera sul governatorato. Ahmad Massud ha detto di avere il cuore spezzato, e avvertito che la resistenza continua. 

Il Panjshir di Massud padre, e la sua Alleanza del nord, avevano meritato la loro fama nella resistenza ai sovietici prima e ai talebani poi. Ora, dopo la graziosa donazione occidentale del paese ai talebani, si è suscitata una grande attenzione al Panjshir e alla sua resistenza. Generosa ma amara, per chi tenesse qualche conto della realtà. La valle del Panjshir è strategicamente cruciale a condizione che abbia un retroterra su cui contare, e specialmente la comunicazione con il Tagikistan. (Tagiki e di lingua persiana sono i suoi abitanti). Ma questa volta era circondata, e senza sostegno internazionale, né materiale né politico. E la valle del Panjshir, per favolosa che suoni nel favoloso Hindu Kush, è parecchio più piccola del Molise, e la sua popolazione, compreso il distretto amico di Andarab, non raggiunge il mezzo milione. Queste erano le formazioni in campo. 

A perfezionare il quadro, alcuni dei talebani entrati a “liberare” Bazarak e il Panjshir erano abbigliati, armati e motorizzati di tutto punto con uniformi armi e veicoli americani, il lascito della onorevole ritirata d’occidente. 

A Kabul, al momento in cui scrivo, le sparatorie di festeggiamento per la vittoria sul Panjshir hanno fatto solo tre morti e numerosi feriti.

Di più su questi argomenti: