Sue Lyon è Lolita nel film di Stanley Kubrick (1962) tratto dall'omonimo romanzo di Nabokov (1955)

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Disputa su Lolita

Adriano Sofri

L'autore e il primo editore del celebre romanzo finirono coinvolti in una lunga controversia. Tra l'egolatria di chi scrive e quella di chi pubblica

Ho letto l’arringa scritta nel 1965 da Maurice Girodias su “Lolita, Nabokov e io”, in uno dei preziosi volumetti delle Edizioni Henry Beyle di Vincenzo Campo, nella traduzione di Franca Cavagnoli. Girodias (1919-1990), l’avventuroso titolare della Olympia Press, era stato il primo a pubblicare “Lolita”, in Francia nell’originale inglese, ed ebbe dopo di allora con Nabokov una accanita interminabile disputa privata e giudiziaria. Lui rivendicava il merito e i diritti di primo editore, Nabokov, che dopo la prima riconoscenza e l’improvviso successo si vergognò della collocazione, gli imputava la renitenza ai pagamenti. La controversia è celebre, qui ne voglio estrarre solo una sentenza di Girodias: “Tanti anni in questa professione, l’editoria, ti insegnano che nessun grande scrittore può essere qualcosa di diverso da un mostro di egolatria”. Mi colpisce l’astuzia minacciosa della sentenza, che forse va al di là dell’intenzione dell’autore. Chi infatti voglia obiettare adducendo l’esempio di uno scrittore che non sia affatto un mostro di egolatria, si sentirà replicare che appunto, questo prova che non si tratta di un grande scrittore. Sofisma a doppio taglio, che non ha bisogno di esempi: essere un vero mostro di egolatria purtroppo non basta a uscire dal branco degli scrittori piccoli o mediocri.

 

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