I migranti e il decesso della Toscana rossa

Adriano Sofri

Nella Regione nascono in un anno 5.430 bambini da genitori stranieri e ci sono 35 mila società fondate da immigrati. Non si possono interpretare i risultati elettorali senza questi dati

Pubblico qualche cifra che ho ascoltato con interesse e anche con un certo stupore, benché mi illuda di seguire questi argomenti, sulla Toscana e i migranti. Le traggo dal discorso che ha tenuto Enrico Rossi, presidente della regione, nella manifestazione di mercoledì “Insieme contro il razzismo”. “In Toscana nascono in un anno 5.430 bambini da genitori stranieri. Senza questi bambini tanti nostri punti nascita sarebbero chiusi, come gli asili nido e le scuole materne. Questi bambini resteranno senza cittadinanza fino ai 18 anni. In Toscana ci sono 400 mila persone immigrate regolarmente residenti. Il 10 per cento della popolazione. Persone in gran maggioranza giovani e attive, che danno allo Stato e alla comunità molto più di quello che ricevono. E’ uno di quei casi in cui l’etica corrisponde alla ragione. In Toscana ci sono 35 mila società fondate da immigrati. C’è una nuova classe operaia di molte nazionalità che si forma nei cantieri della costa, dove si fabbricano gli yacht da 100 metri che comprano i nababbi del mondo. C’è una classe operaia di origine italiana e straniera che lavora gomito a gomito a Santa Croce, nella zona del cuoio, e produce le pelli più morbide e fini del mondo. C’è una manodopera immigrata nella moda e nel vino, o nell’oreficeria di Arezzo. Sono migranti ad assistere i nostri genitori, le nostre famiglie. Vi chiedo: questi sono o non sono fratelli d’Italia, sorelle d’Italia?”. Quando sono arrivate, queste persone che oggi risiedono regolarmente fra noi e fanno tanta parte del nostro benessere materiale e della nostra vita famigliare, erano “invasori”. Ho trascritto questi dati non perché ignori la loro contraddizione coi brucianti risultati elettorali e con la certificazione di decesso della Toscana rossa. Al contrario. A un capo ci sono quei dati, all’altro i risultati elettorali. Gli uni non possono essere interpretati senza gli altri.

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