Il palio di Siena (foto LaPresse)

Note da non dimenticare

Adriano Sofri

Ci sono troppe cose da annotare oggi. Il Mediterraneo continua a ingoiare corpi, Siena ospita il palio e la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze stenta ad assicurare i servizi essenziali

Ci sono troppe cose da annotare oggi, prima che si dimentichino. Il quotidiano centinaio – cifra arrotondata, per consuetudine, ieri erano 114 almeno – di affogati nel Mediterraneo, già dimenticati quando ancora sono vivi e ingoiano acqua salata: verrà un giorno dedicato a loro dalle Nazioni Unite, e temi assegnati agli scolari per dichiararli maturi, sarà fra quarant’anni, o cinquanta, qualcuno sarà ancora vivo di chi è già vivo oggi e a scuole chiuse è andato al mare, il Mediterraneo, anche per sfuggire all’alta pressione africana che ci ha invasi.

   

Vorrei anche annotare, su un’altra agenda, il palio del 2 luglio, perché l’ho guardato con curiosità antica e rovello nuovo, chiedendomi se la senesità, croce e delizia, possa diventare un’aggravante del paraleghismo toscano o sappia agire come un vaccino (un vaccino!), vedremo. Lodo il drappellone di Emilio Giannelli, che ha dipinto una cascata, o un volo, di cavalli e fantini quasi come avrebbe fatto un futurista russo, ed è stato premiato dalla favolosa Fortuna del Palio con la vittoria della sua contrada, il Drago (e la mia diletta Tartuca si è immolata per la causa). Quest’anno, con Annalisa Bruchi, c’era uno storico della Siena medievale e degli altri tempi, Giovanni Mazzini, a riempire il lunghissimo tempo del corteo e delle false partenze. Suggerirei di temere meno le pause della cronaca, che comunque sono occupate dallo spettacolo e dall’ascolto del mossiere e dei suoni di piazza. Per esempio, non avrebbero ripetuto che la Tartuca aveva già avuto due richiami quando tutti avevano sentito che ne aveva avuti già quattro.

   

L’ultima cosa, la più importante per oggi, che voglio annotare, riguarda la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze. Direttore, Luca Bellingeri, e funzionari e lavoratori avvertono più drammaticamente che la Biblioteca più importante già oggi stenta ad assicurare i servizi essenziali. Chi va in pensione non viene rimpiazzato. Ci sono pensionati che continuano a venire, per amore dei libri e del luogo che li ospita e delle persone che li cercano. Nel 1988 i dipendenti erano 400, sono 140. Dicono che di questo passo la Biblioteca sarà estinta entro quattro anni – la Biblioteca esiste dal 1861, come l’Italia, e il suo fondo magliabechiano dal 1714, e la tragedia gloriosa dell’alluvione è del 1966; 4 anni sono un batter d’occhio della storia, figurarsi di un ministro della cultura. Ho frequentato di tempo in tempo la Nazionale fiorentina da quando ero ragazzo e ci sto con l’agio e il rispetto che si ha in una casa di grandi antenati. Pochi giorni fa è morto Piero Metelli, a soli 61 anni. Era lui, pressoché da sempre, a curare l’informazione dei lettori e a prodigarsi con una calma, elegante e discreta competenza, per risolvere i problemi che visitatori o ricercatori gli ponessero. Era spiritoso, e Paolo Hendel lo ebbe come coautore dei suoi spettacoli e libri. Io devo molto alla sua amicizia, fino al mio libro ultimo su Kafka, e due grandi privilegi, basso e alto: di essere stato accompagnato nell’esplorazione dei sotterranei della Biblioteca (che ha 135 km di scaffali, dice il sito) e del suo tetto, una combinazione di terrazze e cupole fra Santa Croce e l’Arno, arrampicandosi sulla quale si ha una vista panoramica magnifica di Firenze e del suo cielo: della libertà. Il funerale laico di Piero Metelli è stato anche un appuntamento pieno di affetto e di rimpianto di tante persone per le quali la Biblioteca Nazionale era ed è ancora la vita.

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