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Barcellona e il referendum per l'indipendenza del Kurdistan iracheno

Adriano Sofri

Quello curdo è sottoposto a una serie di pressioni internazionali, oltre che dal governo di Baghdad, che probabilmente sono andate al di là delle aspettative di Erbil

Dalla Catalogna era venuta nei giorni scorsi una delle rarissime espressioni di solidarietà e apprezzamento per la decisione del Kurdistan iracheno di indire un referendum sulla secessione da Baghdad e sull’indipendenza. Il referendum curdo è indetto per il 25 settembre, per il 1° ottobre è indetto il referendum catalano. Del secondo è difficile dire che cosa sarà dopo la strage di Barcellona. Quello curdo è sottoposto a una serie di pressioni internazionali, oltre che dal governo di Baghdad, che probabilmente sono andate al di là delle aspettative di Erbil.

 

Ora, come ho già ricordato, le pressioni si concentrano tutte sulla richiesta che il governo regionale curdo rinvii la data del proprio referendum. Poiché nessuno accompagna la richiesta con la proposta di una data diversa, e dunque il rinvio si pretende sine die, due giorni fa dalla delegazione curda che incontra i partiti iracheni a Baghdad per discutere del referendum qualche voce ha ipotizzato che il rinvio possa essere accettato, ma solo a condizione che sia fissata una data esatta entro il prossimo anno, e che la data sia garantita dalle Nazioni Unite e dal governo americano. E’ difficile dire se si tratti di una mossa diplomatica per alleggerire la pressione e smascherare l’ipocrisia sul rinvio, o dell’annuncio di una esitazione e di una disponibilità a qualche ritirata.

 

Ieri da Erbil si è voluto ribadire che non c’è alternativa al referendum, come il presidente Barzani aveva personalmente ripetuto a Tillerson. Direi che l’intransigenza curda nel tener ferma la data fissata dipenda meno dalle pressioni esterne, per fortissime – e materialmente agguerrite – che siano, e più dall’unità interna. Fra i maggiori partiti curdi può prevalere l’attaccamento a un’occasione storica che il futuro del medio oriente, incerto com’è, potrebbe presto annullare, o l’interesse di fazione. Attualmente la parte che si è più esposta nel programma del referendum è il Pdk di Erbil, mentre nel Puk di Suleimanyah (e di Kirkuk) è più forte la tentazione di giocare la partita nella rivalità col Pdk e nella stessa rivalità interna. Il terzo partito maggiore, il Gorran, benché indebolito nei consensi oltre che privo di una sua forza militare, conta a sua volta di recuperare potere contrattando il prezzo della propria adesione. Intanto ieri dal Kurdistan sono venute dichiarazioni di solidarietà con Barcellona colpita dall’Isis particolarmente calorose e, queste sì, sincere.

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