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I curdi in Iraq proseguono sulla strada dell'indipendenza

Adriano Sofri

Il presidente del governo regionale, Masud Barzani, ha annunciato che il referendum indetto per il 25 settembre non sarà rinviato

Il presidente del governo regionale Curdo in Iraq, Masud Barzani, ha dichiarato ieri che il referendum sull’indipendenza, indetto per il 25 settembre, non sarà rinviato. E’ una notizia molto importante: vuol dire che i principali responsabili curdi hanno deciso di tirare avanti nonostante l’ostilità, senz’altro superiore alle loro aspettative, che l’annuncio del referendum ha suscitato, oltre che a Bagdad, fra le potenze confinanti e incombenti, Iran e Turchia, ma anche in Europa e negli stessi Stati Uniti. Si è arrivati a ipotizzare una chiusura dei confini e degli spazi aerei che soffocherebbe il Kurdistan di Erbil e Suleimanyah. L’indizione del referendum è stata ventilata da anni, e a volte attuata in simulazioni dall’esito scontato – plebiscitario – ma era una misura di propaganda e di confronto interno. Ora si direbbe che i grandi veterani ed eredi di una storia di persecuzioni e di guerre partigiane vogliano riscattare un periodo ormai lungo di compromessi e corruzioni e abitudini ingloriose, interrotto solo in parte dalla valorosa resistenza contro la minaccia dello Stato Islamico, in una sfida senza precedenti dal sapore risorgimentale. (Il precedente della effimera Repubblica di Mahabad, 1946, è poco più che simbolico, e vale proprio per questo). La questione del rinvio è decisiva: l’opposizione al referendum si è manifestata pressoché in tutti gli attori interessati, da Bagdad alle potenze straniere (con l’unica eccezione di Israele, decisamente favorevole all’indipendenza), con la pressione fondata sulla data “prematura” e “inopportuna”. Si direbbe che Barzani, e gli altri che contano, abbiano deciso di bruciarsi le navi alle spalle. Sarà una fine interessante all’anno che ha tolto Mosul all’Isis.