Il Papa con lo speaker John Boehner durante il colloquio in Campidoglio (LaPresse)

L'effetto collaterale di Francesco

Philadeplphia. E’ ironico: i liberal americani speravano in un Papa duro con i conservatori e le loro guerre culturali, ma la prima ricaduta politica della visita di Francesco al Congresso è stata una vittoria della fronda estrema del partito repubblicano, che è riuscita a far saltare la testa dello speaker della Camera, John Boehner.

Philadeplphia. E’ ironico: i liberal americani speravano in un Papa duro con i conservatori e le loro guerre culturali, ma la prima ricaduta politica della visita di Francesco al Congresso è stata una vittoria della fronda estrema del partito repubblicano, che è riuscita a far saltare la testa dello speaker della Camera, John Boehner. Il casus belli è la lotta sui finanziamenti a Planned Parenthood, questione giusto al centro della culture war, un’imprevedibile piroetta del “Francis Effect”.

 

Non è stata la visita del Papa a far dimettere Boehner, com’è ovvio, ma l’incontro ha dato allo speaker cattolico la “pace interiore per decidere di dimettersi”, come ha scritto il decano dei vaticanisti americani, John Allen. La posizione di Boehner, incarnazione dell’establishment e cerniera ideologica di un partito lacerato – perfetto per le condanne alla polarizzazione di Francesco – è fragile da quando si è conquistato il posto, nel 2010, anno di grazia del Tea Party e di intransigenze limitrofe, e si è logorata nel tempo a forza di fronde, di ricatti, di shutdown dei servizi federali minacciati e pure intrapresi, di esose richieste della parte più biliosa della destra, che ha trascinato lo speaker nella parte più estrema dell’emiciclo finché la tensione non è diventata insostenibile. Un altro shutdown, un’altra richiesta della corrente della destra più dura: questa volta minacciano di non votare la legge di bilancio se contestualmente non vengono aboliti i finanziamenti a Planned Parenthood, l’associazione abortista finita sotto tiro per l’uso di organi e tessuti fetali per la ricerca.

 

Boehner ha lasciato prima che i danni dello scontro fratricida “diventassero permanenti” non solo per il partito ma per “l’intero paese” e i suoi avversari, dal senatore Ted Cruz in giù hanno esultato apertamente per la caduta dell’uomo che ha cercato invano di diventare il broker del grande compromesso repubblicano, compito difficile e molto francescano, nel senso che è in linea con gli inviti del papa ai politici a dialogare con realismo e apertura. Del dialogo realista e aperta la parte agguerrita del mondo conservatore che ieri ha stappato lo champagne alla notizia delle dimissioni proprio non sa che farsene.