Papa Francesco a Ground Zero (foto LaPresse)

Ecumenico ed emotivo, Francesco chiede “pace” a Ground Zero

Come già aveva accennato nei discorsi precedenti, Francesco ha condannato con parole misurate l’uso violento della religione, “una logica che può produrre solo dolore, sofferenza, distruzione, lacrime”, per poi passare al registro esistenziale ed emotivo, unendosi al lutto di una città e di un popolo che non hanno dimenticato il dolore e invocando la speranza.

New York. Quando Barack Obama ha iniziato la conferenza stampa con il presidente cinese Xi Jinping alla Casa Bianca, i network televisivi americani hanno continuato a mostrare Papa Francesco che visitava il memorial dell’11 settembre, il museo sotterraneo che custodisce la ferita dell’America, dove una volta s’innalzavano le torri gemelle. Gli accordi sulla cybersicurezza fra Washington e Pechino sono importanti, certo, ma a Manhattan andava in scena il momento più emotivo della visita americana di Francesco, che al memorial ha incontrato alcune famiglie delle vittime per poi partecipare a un breve momento interreligioso con il rabbino Elliot Cosgrove, l’imam Khalid Latif e altri dieci leader religiosi della cosmopolita New York, tutto coordinato dal cardinale Timothy Dolan.

 

Come già aveva accennato nei discorsi precedenti, Francesco ha condannato con parole misurate l’uso violento della religione (all’Onu ha parlato della religione “maggioritaria” in medio oriente, senza citare l’islam), “una logica che può produrre solo dolore, sofferenza, distruzione, lacrime”, per poi passare al registro esistenziale ed emotivo, unendosi al lutto di una città e di un popolo che non hanno dimenticato il dolore e invocando la speranza. Francesco è partito dall’acqua che scorre incessante nelle fontane nere disegnate sul perimetro delle Torri, dove sono incisi i nomi delle vittime: “L’acqua che vediamo scorrere verso questo centro vuoto, ci ricorda tutte quelle vite che stavano sotto il potere di quelli che credono che la distruzione sia l’unico modo di risolvere i conflitti”. E l’acqua è anche il “simbolo delle nostre lacrime. Lacrime per le distruzioni di ieri, che si uniscono a quelle per tante distruzioni di oggi. Questo è un luogo in cui piangiamo, piangiamo il dolore provocato dal sentire l’impotenza di fronte all’ingiustizia, di fronte al fratricidio, di fronte all’incapacità di risolvere le nostre differenze dialogando. In questo luogo piangiamo per la perdita ingiusta e gratuita di innocenti, per non poter trovare soluzioni per il bene comune. E’ acqua che ci ricorda il pianto di ieri e il pianto di oggi”.

 

Nell’incontro con alcune famiglie dei primi soccorritori morti in quei giorni il Papa ha potuto “constatare ancora una volta come la distruzione non è mai impersonale, astratta o solo di cose; ma che soprattutto ha un volto e una storia, è concreta, possiede dei nomi”. Quei volti mostrano anche “l’altra faccia di questo attentato, l’altra faccia del loro dolore: la potenza dell’amore e del ricordo. Un ricordo che non ci lascia vuoti. Il nome di tante persone care sono scritti qui dove c’erano le basi delle torri, e così li possiamo vedere, toccare e mai più dimenticarli”. Così il dolore e l’ipotesi di una riconciliazione si sono incontrati a Ground Zero, dove il Papa – rispettando il format interreligioso – non ha fatto alcun riferimento al cristianesimo, non ha esplicitato la radice della speranza che è venuto ad annunciare, e allo stesso tempo ha intessuto un’elogio della differenza: “Nelle differenze, nelle discrepanze è possibile vivere in un mondo di pace. Davanti a ogni tentativo di rendere uniformi è possibile e necessario riunirci dalle diverse lingue, culture, religioni e dare voce a tutto ciò che vuole impedirlo. Insieme oggi siamo invitati a dire: ‘no’ a ogni tentativo uniformante e ‘sì’ a una differenza accettata e riconciliata”. La pace – parola che ha ripetuto come una litania – è “possibile soltanto come un dono dal cielo”, ha detto Francesco, invitando tutti i leader religiosi, ma anche le autorità civili,a fare un momento di silenzio e preghiera: “Chiediamo al cielo il dono di impegnarci per la causa della pace. Pace nelle nostre case, nelle nostre famiglie, nelle nostre scuole, nelle nostre comunità. Pace in quei luoghi dove la guerra sembra non avere fine. Pace sui quei volti che non hanno conosciuto altro che dolore. Pace in questo vasto mondo che Dio ci ha dato come casa di tutti e per tutti. Soltanto, pace”.