Mons. Gerald Kicanas, mentre dà la comunione al muro che separa Arizona e Messico

“Il Papa ha ribadito il diritto di emigrare”

Matteo Matzuzzi
Monsignor Gerald Kicanas, vescovo di Tucson, è stato considerato per anni il vescovo più liberal d’America. Con il Foglio parla di una delle questioni cardine del viaggio americano di Francesco, l'immigrazione: "La visita del Papa ha messo davanti al popolo americano l’importanza della cura per i nostri vicini". La gente si sente minacciata, dice: "Ma non sono tutti razzisti".

Philadelphia. Monsignor Gerald Kicanas, vescovo di Tucson, è stato considerato per anni il vescovo più liberal d’America. Già ausiliare del cardinale Joseph Bernardin, già arcivescovo di Chicago, e di quest’ultimo – indiscusso profeta della linea più “progressista” della chiesa statunitense – ritenuto l’erede spirituale. Talmente in sintonia con Bernardin da essere stato bocciato nel 2010 quando si trattò di eleggere il nuovo presidente della Conferenza episcopale. Kicanas era il favorito, perché la prassi vuole che il vicepresidente uscente diventi numero uno dell’organismo. Invece, nel segreto dell’urna, i fratelli gli preferirono a sorpresa l’energico conservatore Timothy Dolan. Lui si limitò a un freddo “ne prendo atto”. Oggi parla con il Foglio di una delle questioni che più ha caratterizzato il viaggio in terra americana di Francesco, l’immigrazione. Kicanas se ne intende, essendo vescovo di Tucson, in quell’Arizona dove è stato costruito il muro al confine col Messico. “La visita del Papa ha messo davanti al popolo americano l’importanza della cura per i nostri vicini, particolarmente per quelli che tra loro sono in difficoltà. Francesco – dice mons. Kicanas – ha enfatizzato la posizione della Chiesa secondo la quale gli individui hanno sì il diritto di vivere in modo decente nel rispettivo paese, ma se ciò non è possibile essi hanno il diritto di emigrare”.

 

[**Video_box_2**]Certo, non tutto è così semplice: “Chiaramente, i paesi hanno il diritto di proteggere i propri confini, ma se riuscissimo a svoltare, a passare dall’illegalità alla legalità, trovando le strade perché possano venire qui in maniera legale, sono convinto che la situazione potrebbe migliorare”. C’è un problema con quel che pensa la maggioranza della popolazione americana, assai restìa ad aprire indiscriminatamente i confini: “I comportamenti delle persone sono difficili da cambiare, ma almeno qui negli Stati Uniti le suppliche per accogliere le famiglie di rifugiati sono state ascoltate. Molte comunità ecclesiali stanno dando una mano nell’ospitare famiglie intere di rifugiati provenienti da diversi paesi. Nella mia diocesi abbiamo tenuto anche una serie di incontri interreligiosi su come accogliere i migranti”. Si è molto scritto, negli Stati Uniti, di un paragone tra i migranti che bussano alle porte dell’Europa e quanti cercano di attraversa il confine con il Messico: “Direi che è la stessa cosa, in entrambi i casi si scappa dalla violenza. Anche se, nel caso americano, parte di quanti cercano di passare di qua sono cosiddetti ‘immigrati economici’, uomini e donne che non scappano dalla violenza, bensì cercano una vita migliore”.

 

Tutto questo si scontra con le paure e le perplessità di tanti: “La gente si sente minacciata, temendo che questi rifugiati e migranti riusciranno a sopraffare le comunità esistenti. E’ una paura spesso irrazionale”, osserva mons. Kicanas, “ma che deve essere affrontata. Quando accoglievamo bambini provenienti del Centro America, nella mia diocesi di Tucson si registravano due reazioni. Qualcuno presidiava le strade con cartelli del tipo ‘Get out. Tu non sei il benvenuto. Noi non vi vogliamo’. Altri invece innalzavano cartelli di benvenuto. Chi sente minacciato il proprio benessere, reagisce negativamente alla presenza di migranti e rifugiati”. A ogni modo, è esagerato parlare di razzismo tout-court: “Alcuni sono razzisti, ma penso che molti siano solo molto spaventati. Bisogna placare queste paure”.

  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.