(foto Ansa)

il festival

Sanremo moscio. Una terza serata tra Morandi, Ramazzotti e i postumi del Travolta-gate

Stefano Pistolini

Il terzo appuntamento della kermesse è pieno di "momenti pace". Per fortuna ci rincuorano Diodato e Angelina Mango. Ma la scarsità di buon gusto di questa edizione è sempre più evidente

Un’altra regola del Festival è che una serata scaccia quella precedente, i suoi protagonisti e i suoi fattacci. Però sul Travolta-gate tocca tornarci, anche perché la scaletta di giovedì sera non è stata così eccitante da bastare da sola. Sui titoli di testa Amadeus ha affrontato la questione col tono risentito di chi si sente offeso, a dispetto di tutta la buona volontà che profonde: ci ha chiesto perché non ci occupiamo di più dell’apparizione di Giovanni Allevi che ha commosso il paese (già, ma perché tornarci? È bastato da solo a mandare il suo messaggio, forte e chiaro) e soprattutto perché stiamo qua a criticare lui, che fa le cose con divertita leggerezza - mentre noi ci ostiniamo a rimproverargli la deprecabile disattenzione con cui non ha preparato l’ospitata di John Travolta, costretto a inscenare quel Ballo del Qua Qua che diventerà il graal radioattivo della tv italiana (Travolta ha negato la liberatoria), ma soprattutto una pacchianata pagata dagli abbonati, dagli sponsor, delle scarpe da lavoro o da chissà quale altro pasticcio messo su da agenti, mediatori, promoter etc. “What the fuck???” chiederà in tarda serata Russel Crowe a Amadeus, facendo il gesto del qua-qua: che cacchio hai combinato, dal momento che il collega deve avergli spifferato tutta la gaffe… Ama, adesso tutta Hollywood ti guarda con riprovazione!

 

Del resto l’intera edizione del festival non è che grondi buon gusto, con la sua parata di appiccicoso buonismo e le continue invocazioni di eventi eccezionali che non si rivelano mai tali. Chissà perché Amadeus, al momento del commiato, ha voluto rappresentarsi così, come un uomo di annunci e promesse, di superlativi, ringraziamenti e ammiccamenti, eppure alla guida di un festival dai modesti contenuti canzonettari e dalla discutibile rappresentatività del presente musicale. E la perplessità riguarda anche l’altro santo-subito di Sanremo 2024, Rosario Fiorello, mai visto così spompato. Del resto una certa sera sanremese anche Roberto Benigni, nonostante i gli sforzi e le piroette, smise di farci sorridere e ora questa bassa marea può bagnare Fiorello, troppo convinto che le sue improvvisazioni e le sue routine siano sempre verdi e utili a strappare una risata. L’esibizione con Travolta e i pulcinoni ballerini è la sua lettera scarlatta che, dal momento che parliamo di comici e demenzialità, sarà sicuramente stata impressa con vernice lavabile.

 

Torniamo allo show: l’apparizione di Eros è il primo segnale di vita di una serata moscia, lanciata piano dal coro del “Va Pensiero” e da Giletti che torna all’ovile Rai. Eros fa “Terra Promessa” e ordina al mondo di fare la pace. Poi sfotte Amadeus su Travolta: “Dovevate pagarlo di più!”, magari vi dava la liberatoria. Lasciamo perdere. Degno di nota, alla voce “look”, il fatto che Gazzelle per la terza serata di fila sia vestito uguale, solita felpa blu stazzonata di quando andava al liceo: un classico istantaneo, alla faccia dell’epidemia di quelli che adesso si presentano coi capelli turchesi (siamo a quota quattro).

Conferme che rincuorano arrivano da Diodato e soprattutto Angelina Mango, pacificamente in vetta alle nostre preferenze: Diodato dà un conforto nel solco della tradizione, Angelina promette sorprese, stravaganze e idee, o almeno speriamo. E poi canta, parecchio. Poi, quando arriva Morandi è un altro momento-pace, con “C’era un ragazzo”, che magari bastassero cantanti e canzonette. E allorché a Gianni subentrano i Ricchi e Poveri, il ritorno al futuro è cosa fatta e noi ci ritroviamo di colpo ragazzini sul divano di casa di mamma, con tutta una vita da vivere. Prodigi sanremesi.

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