(foto EPA)

È morto Issey Miyake lo “stilista del vento”, padre del minimalismo anni 80

Fabiana Giacomotti

Vestiva Steve Jobs con i suoi maglioni neri a collo alto. E' sempre stato l'Adelphi della moda: indossarlo era come sfoggiare una copertina blu polvere

Steve Jobs vestiva Issey Miyake. I maglioni neri a collo alto, avete presente? Con quella forma asciutta che dava aspetto visibile all’affilatezza del suo pensiero. Adesso che “lo stilista del vento” è morto a ottantaquattro anni a Tokyo per un cancro al fegato, una malattia che forse covava dall’infanzia visto che era nato a Hiroshima e che sua madre non era sopravvissuta alle conseguenze delle radiazioni (lui avrebbe claudicato per tutta la vita), in tanti sui social si domandano che cosa abbia apportato alla moda e dunque alla società, perché il mondo debba piangerlo con tanto evidente cordoglio. Proviamo a spiegarvelo, andando oltre l’evidenza dei suoi abiti plissettati, che comunque Mariano Fortuny faceva meglio ottant’anni prima di lui e con una tecnica ancora ineguagliata, ispirandosi ai Delphos greci, e Madame Grès con uno stile più elegante negli anni Quaranta e Cinquanta. Miyake aveva però messo a punto una tecnica per la plissettatura a 200 gradi del poliestere che rendeva i suoi capi abbordabili anche dal pubblico per così dire pop. E questo è il punto a favore numero uno. Passiamo al secondo, il più significativo.

Con i suoi plissé declinati anche al maschile (giacche, pantaloni) e i suoi abiti origami, comodissimi, che si infilano in valigia senza preoccuparsi di tagli, spalline, stazzonature, Miyake ci ha liberato di molti pesi, anche mentali. Il minimalismo degli ultimi anni Ottanta e dei primi dei Novanta nasce con lui e con quella vague di stilisti giapponesi atterrati a Parigi, in primo luogo la sua sodale Rei Kawakubo di Comme des Garçons, ma anche Yohji Yamamoto, che agli europei e agli americani – agli europei soprattutto – insegnavano a guardare al corpo come alla proiezione di un pensiero, personale e pubblico, e non come a una terrazza vista mare (ricordate la vecchia battuta di Sophia Loren?) da allestire per la festa di mezza estate. Nel 2013 aveva firmato anche una collezione di lampade, In-Ei by Issey, per Artemide, chiamato da Carlotta de Bevilacqua che per le collaborazioni ad alto tasso mediatico ha sempre avuto occhio: la lampada Mendori, una sorta di ammonite incantata di pieghe e luce opalescente, è ancora richiestissima, come le lampade da terra, tutte debitamente copiate dal mass market

 

Scegliere Miyake era, e in parte ancora è, una scelta di campo: dichiarare il proprio dominio sugli abiti e il loro imperio. Sotto ogni punto di vista. Volessimo ricercare il passaggio fondamentale dell’estetica agender nel secolo scorso (potremmo risalire alla Grecia classica, evitiamo), fermarsi su Miyake sarebbe obbligatorio. Era l’Adelphi della moda. Indossarlo era, ed è, come sfoggiare una copertina blu polvere. E’ morto quattro giorni fa. Il suo staff ne ha dato notizia ieri. Molto appropriato, molto in stile, molto minimal. Il popolo di TikTok non ci capirà niente.

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