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un-tie

Scravattati. Lode a un accessorio misericordioso che sta facendo la fine del busto femminile

Fabiana Giacomotti

Non solo un ornamento: un segnale, un linguaggio, un insieme di simboli che raccontano molto del gusto, della cultura, dello stile di chi la porta. Forse una costrizione, ma gratificante

Il momento in cui il premier spagnolo Pedro Sánchez ha chiesto ai parlamentari maschi di togliersi la cravatta per risparmiare sull’aria condizionata, dando il via a un inevitabile effetto domino, dev’essere stato il primo in cui il paese ha rivolto un pensiero grato a Putin e perfino alle conseguenze del riscaldamento globale. Todos caballeros anche in camicia sbottonata, olé. L’èra della cravatta, dovunque origini il suo nome e non è affatto detto che risalga, come dice la leggenda, ai foularini che portavano al collo i mercenari croati del Rinascimento e che comunque erano meno costrittivi, sta irrefrenabilmente declinando.

 

Lo si è visto anche all’ultimo G7 dove sembrava che i leader, da Joe Biden a Mario Draghi, si fossero passati la consegna: tutti in camicia bianca stirata con l’appretto, crispy come dicono gli americani, ma senza cravatta. Non sapendo però bene come procedere sulla scollatura (un premier mica può sbottonare la camicia alla vita modello Gigi Rizzi che corteggia Brigitte Bardot negli anni d’oro) hanno mostrato una favolosa ingenuità da scolaretti: un bottone, due, nessuno come i parroci anglicani e i modaioli che comprano Prada Uomo. Sembra insomma arrivato il momento di studiare una road map dello stile per il prossimo futuro degli uomini un-tie, slegati, gli uomini rilassati, simpatici e disponibili del futuro.

 

La cravatta, per dirla con onomatopea, sta emettendo gli ultimi rantoli attorno al collo degli uomini su cui si trova da circa trecento anni, e lo dimostrano le doppie cifre col segno meno dei fatturati specifici. E’ un fatto che i maschi vivano ormai la cravatta come un’orrenda costrizione, in tutto e per tutto apparentabile al busto femminile abbandonato centoventi anni fa, sebbene quello modificasse in via permanente la gabbia toracica e questa, al limite e solo nel caso del doppio nodo Windsor, quello dei gagà, stringa giusto un po’ il collo. Esattamente come accadeva con il busto, non vogliamo sembrare retrogradi, per carità, però pensateci un momento, la cravatta dona una postura e un minimo di allure anche a chi non ne è provvisto di natura e nulla fa per modificarla. La cravatta è misericordiosa. Facile fare il figo scravattato come Sánchez quando si è fighi come Sánchez, che va a correre tutti i giorni e ha due spalle palestrate che donerebbero anche a una t shirt del mercato l’allure di una giacca di Armani (ah, non sapevate che il taglio conta anche nella “maglietta”, scollo compreso?).

 

Ma qualcuno ricorda per caso le dirette web di Giuseppe Conte senza cravatta e pochette dell’estate scorsa, quando perseguiva la leadership pentastellata in t shirt mostrando il collo magro e poco tonico di certe stampe ottocentesche dell’Azzeccagarbugli manzoniano? Quale impressione darebbe di sé il Cav. senza le cravatte di Marinella con la loro aria lucida e imbottita si è visto nei tanti anni di vacanza in Costa Smeralda: t shirt e bandana, aria un po’ così, qualunque. E quanto invece ci inteneriamo da anni per la cravatta annodata sempre e impagabilmente di sghimbescio dal presidente Sergio Mattarella, un dettaglio che ricorda in ogni momento e con dignità infinita la sua vedovanza, mai superata? 

 

La cravatta, come i nei, il ventaglio, il fazzoletto di un tempo, non è solo un accessorio. E’ un segnale, un linguaggio, un insieme di simboli che raccontano molto del gusto, della cultura, dello stile di chi la porta: si può anche non arrivare agli eccessi di lord Brummel che, nell’epoca Reggenza delle cravattone a foulard, ne scartava fino a dieci prima di trovare il nodo perfetto e il valletto, al visitatore che domandava che cosa rappresentassero tutti quei lembi di seta sul vassoio commentava sconsolato come quelli fossero “i nostri fallimenti, sir”. Ma all’eccesso opposto i rischi per la credibilità sono elevatissimi. Dunque, ok allo scravattamento anche in Parlamento per non dire in spiaggia, fanno abbastanza ridere le foto degli anni in cui i politici arrivavano al mare in cravatta per mostrare che loro, al bene della nazione pensavano anche con i polpacci a mollo, purché questo non rappresenti l’inizio di una china in cui ci troveremo circondati da una massa di sciattoni in t shirt slabbrata modello Salvini al Papeete. 

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