Tra moda e politica
Xi Jinping mette al bando il lusso, ma i cinesi lo adorano. E comprano italiano
In Cina, in concomitanza con il Black Friday, si prevede una colossale ondata di shopping. Il Partito comunista deve dire qualcosa di sinistra e prendersela con il mondo del luxury è il modo più facile. Intanto, tutto il settore cambia: ecco come
Nel giorno in cui il presidente cinese Xi Jinping dice di non vedere di buon occhio lo shopping sfrenato del “Singles’ day”, equivalente locale del Black Friday, la Fondazione Altagamma presenta a Milano il suo ventesimo Osservatorio annuale e il Consensus monitor sviluppato con i maggiori analisti mondiali, annuncia che i “personal luxury goods hanno già superato i livelli pre-crisi”, che le cose belle da comprare o da vivere sono in crescita del 14 per cento, che l’Ebitda del settore aumenterà del 22 per cento nel 2022 e che il futuro è roseo anche per la Cina, mercato “molto stabile”.
Da questa apparente e palese contraddizione fra il monitor e i moniti pubblici di Beijing, possiamo cogliere due informazioni interessanti. La prima: la mossa di Xi Jinping è politica oggi come lo fu lo scorso agosto, quando denunciò il divario eccessivo fra povertà e ricchezza e per tre giorni i titoli del lusso mondiale precipitarono per il timore di una stretta sui redditi o di una patrimoniale. Il punto è che fra dieci giorni si prevede una colossale ondata di shopping, dopo la quale i social si riempiranno di foto di oggetti irraggiungibili e di facce felici. Il Partito deve dire qualcosa di sinistra. Prendersela col lusso, come insegna Report quando deve riprendere la stagione e necessita di ascolti interessanti, è il modo più facile per scaricare le frustrazioni e accendere gli animi, anche se per raggiungere l’obiettivo si devono scardinare le più elementari regole economiche paragonando il costo di produzione al valore di mercato.
La seconda: per quanto possa irritare, risultare classista come in effetti in apparenza è, il lusso va lasciato stare, soprattutto dobbiamo lasciarlo stare noi italiani che lo produciamo come nessun altro paese al mondo. Se l'Altagamma-Bain Worldwide Luxury Market Monitor stima per quest’anno una crescita del comparto globale a 1.1140 miliardi di euro (non ci sono numeri di troppo, sono proprio trilioni), con un dimezzamento di circa la metà delle perdite del 2020, e per i beni di lusso personali registra già il pieno recupero, con una previsione di valore di mercato 2021 di 283 miliardi in crescita dell’1 per cento rispetto al 2019, è perché le aziende italiane hanno ripreso a pieno ritmo a produrre. Tessile, abiti, accessori, soprattutto borse e scarpe (+11 e +9 per cento previsti nel 2022), ma anche gioielli, come sempre bene rifugio (+10 per cento). Dobbiamo continuare a produrre e ad esportare, sia perché il turismo verso l’Europa sta riprendendo lentamente, e potrebbe rallentare ancora se la quarta ondata pandemica dovesse rivelarsi distruttiva come le precedenti, sia perché sia i clienti americani e sudamericani, a loro volta in ripresa, sia i sospirati clienti cinesi, hanno imparato a comprare chez eux, a casa loro, come i clienti del Medio Oriente, e gli stessi brand hanno aumentato modi e tecniche per continuare a servirli senza far loro troppo rimpiangere la “personal experience” all’estero che è ormai paradigma di ogni strategia di marketing e a ragion veduta.
Secondo l’analisi di Bain, inizia a palesarsi infatti una divergenza di performance fra beni materiali in senso stretto, come l’abbigliamento, e i beni di tipo esperienziale come arredamento, cibo e vini pregiati, a favore di questi ultimi e che si possono godere anche, anzi soprattutto a casa propria. Dunque, produrre e basta, semplicemente, non basta. Il cliente del lusso (non chiamatelo consumatore o i soci Altagamma si irritano), deve essere attratto con altre tecniche: non tanto digitali, quanto culturali o sociali. Non si sceglie più un brand perché semplicemente bello, ma perché se ne condividono i valori, le attività che sostiene e sviluppa, l’impegno sociale o culturale al di là del semplice contributo economico. Potrebbe essere una bellissima notizia per i produttori di cultura e di attività a sfondo sociale in tutto il mondo, se sapranno portare all’attenzione dei marchi del lusso i progetti adatti. Non stanno aspettando altro.
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