Immagine delle r iprese de l film di David Cronenberg. (Flavio Pescatori, courtesy Fondazione Prada) 

Budella ed estasi

David Cronenberg espone le Veneri di cera alla Fondazione Prada

Vittorio Bongiorno

Il visionario regista canadese, maestro del body horror, celebra la bellezza interiore, nel senso di viscere, budella e intestini, con una mostra a Milano che svela l’inquietante abbraccio fra arte e anatomia

E se un giorno, in un futuro prossimo, riuscissimo a trasformare un’operazione chirurgica in una performance di body art in cui il bisturi porti alla luce l’interno del nostro corpo, senza provare dolore ma solo spasmi estatici? E se potessimo arrivare a un orgasmo tra le lamiere di un’automobile durante un incidente stradale? O farci impiantare una bioporta alla base della colonna vertebrale per collegarci a un videogioco esistenziale? Oppure, ancora, se riuscissimo a costruire un macchinario che smaterializzi la materia (una bistecca, per esempio) e che la spedisca a un altro macchinario ricevente che la ricomponga tale e quale, viva?

 

Sono alcune delle tante inquietanti domande prodotte dalla mente di David Cronenberg, il visionario regista canadese. Che, dai suoi esordi, ha sempre indagato le mutazioni del corpo, l’ibridazione tra uomo e macchina, le mutilazioni, le pulsioni ossessive. In molti dei suoi film i protagonisti sono eccentrici scienziati o artisti affascinati dalle trasformazioni del corpo umano, un ponte tra la vita organica e la materia sintetica. Come in “Crimes of the future”, l’ultimo film del 2022, dove Viggo Mortensen si cimenta in performance di body art praticando mutilazioni sul corpo della sua compagna performer e su sé stesso. Per poi scoprire la mutazione già avvenuta dei corpi appartenenti a una setta di invasati evoluzionisti radicali che hanno modificato il proprio apparato digerente per mangiare plastica e altri prodotti sintetici.

O come Jeff Goldblum ne “La mosca”, del 1986, che smaterializza e rimaterializza il suo corpo attraverso l’invenzione di una macchina per il teletrasporto chiamata Telepod. Ma non si accorge che, per errore, una mosca s’è intrufolata nel Telepod e si è fusa col suo corredo genetico, trasformandolo in un mostro. Nel conturbante “Inseparabili” del 1988, il chirurgo Jeremy Irons dice alla sua paziente che “dovrebbero fare dei concorsi di bellezza anche per gli interni dei corpi. La milza migliore. I reni meglio sviluppati. Perché non abbiamo standard di bellezza per tutto il corpo?”.

 

Una mostra di Cronenberg e una di fumetti su Cronenberg celebrano il Maestro di quello che la critica ha definito cinema body horror, con un’esposizione di cere anatomiche illuministiche e un libro che chiama a raccolta i grandi del fumetto italiano, per un omaggio con tavole inedite e testi critici sulla “Nuova Carne”.

 

Cronenberg stesso sostiene che con la bellezza di una donna, o di un uomo, abbiano a che fare solo con la superficie, e che attraverso l’evoluzione abbiamo sviluppato un’avversità nei confronti delle interiora. In termini evoluzionistici l’interno del corpo è effettivamente un pericolo per la sopravvivenza. Le immagini a raggi X, e quelle prodotte dalla risonanza magnetica, secondo lui, sono bellissime e rivelano l’interno del corpo con fierezza e in modo volontario. “E’ come se ci dicessero non mi vergogno, non c’è niente da nascondere, questa è l’essenza di ciò che sono ed è bella tanto quanto il mio volto o tutto il resto”. Per celebrare quella bellezza interiore – nel senso di viscere, budella, intestini – Cronenberg è stato chiamato dalla Fondazione Prada di Milano a curiosare tra gli archivi di un altro museo, quello di Storia naturale dell’Università di Firenze, ideando una mostra sulla collezione di ceroplastica anatomica della Specola. In un momento storico in cui il vuoto esistenziale spinge molti in fuga nel metaverso, il regista canadese letteralmente si avventura in un viaggio dentro al corpo umano. E sceglie, dalla collezione in cera di pregiatissima fattura, quattro statue di “Venere”, in mostra a Milano fino al 17 luglio 2023. 

 

La stilista Miuccia Prada e il marito imprenditore e velista Patrizio Bertelli, appassionati e illuminati collezionisti, creano nel 1993 la Fondazione Prada con l’idea di diffondere l’arte contemporanea a un pubblico nuovo. E di recente Fondazione Prada, diventato in breve uno dei luoghi iconici di Milano, ha aperto i propri spazi per presentare le collezioni di altre istituzioni. Dopo quasi duecentocinquanta anni il Museo della Specola necessitava di importanti lavori di ristrutturazione, e Fondazione Prada ha colto al volo l’occasione per offrire al proprio pubblico le ceroplastiche illuministiche attraverso lo sguardo beffardo e a volte inquietante di David Cronenberg. 

 

“Gli scultori non volevano che queste figure apparissero sofferenti o sotto tortura”, scrive il regista nell’imponente catalogo, “o ancora imprigionate o prive di vita. Volevano farle sembrare vive e in qualche modo pienamente parte dell’esperienza di esposizione dell’interno dei propri corpi”.

 

Le sculture in cera vennero realizzate nel XVIII secolo come strumento di insegnamento per svelare i misteri del corpo umano a chi non poteva assistere alle rare sessioni di dissezione dei corpi negli ospedali universitari. Tuttavia, lo sguardo in preda all’estasi delle quattro “Veneri” colpisce fatalmente l’immaginario inquieto di Cronenberg, come se le figure intere parzialmente sezionate non esprimessero dolore o agonia, ma quasi partecipassero con trasporto agli interventi chirurgici: “E’ stata questa scelta insolita degli scultori ad aver scatenato la mia immaginazione: e se la dissezione stessa avesse indotto la sensazione di estasi, quel rapimento quasi spirituale?”. Esattamente la stessa estasi erotica che prova la bella Léa Seydoux mentre ammira e lecca una profonda cicatrice addominale del suo amante Viggo Mortensen in “Crimes of the future”. O il giovane Jude Law in “eXistenZ”, del 1999, quando cerca di leccare la bioporta sul fondoschiena di Jennifer Jason Leigh, inserita chirurgicamente nella spina dorsale dei giocatori per connettersi al videogame virtuale.

 

Cronenberg non è l’unico ad essersi invaghito dei corpi sezionati, scarnificati, della Specola: tra il vastissimo pubblico di visitatori si annovera Goethe, che in una lettera del 1832 scrisse che l’anatomia plastica realizzata a Firenze era a “un alto livello per un lungo tempo, ma da nessuna parte si può intraprendere con altrettanto successo come là, dove per natura sono pienamente attivi scienza, arte, gusto e tecnica”. Gli fece eco persino Henri Beyle, meglio conosciuto come Stendhal, per cui entrare alla Specola era un piacere. Per Hermann Melville, tuttavia, ossessionato anch’egli da un corpo ma di tutt’altra natura, la collezione delle cere era “horrible and nauseating”.

 

Nel museo della Fondazione, al primo piano, nella grande stanza che custodisce nell’ordine i modelli in cera di quattro figure femminili riprodotte per intero, nove sezioni di corpo provenienti dal gruppo di Ostetricia e settantadue disegni a matita tempera e acquarello, la sensazione di straniamento è forte: il silenzio è denso e palpabile e le teche che proteggono le fragilissime sculture si illuminano non appena ci si avvicina. Giovani addette alla sicurezza, casualmente tutte donne, si prendono cura delle cere pregando di non fare foto e di non avvicinarsi troppo alle teche di vetro, rendendo la visita ancor più inquietante. “La cosa interessante che ho letto è che nel XVIII secolo erano state trasportate a Vienna su muli e cavalli, e ho pensato che se erano sopravvissute a quei viaggi, poteva accadere altrettanto anche spedendole a Milano”, racconta Cronenberg con ironia macabra, “è difficile immaginare che cosa provassero i ceroplasti mentre erano all’opera. Sembra comunque che gli scultori non abbiano mai perso di vista l’umanità che si cela dietro un corpo”.

 

Al piano di sotto, in una imponente struttura sepolcrale, l’effetto di fascinazione e repulsione è ancora più amplificato: su uno schermo gigante è proiettato in loop il cortometraggio “Four Unloved Women, Adrift on a Purposeless Sea, Experience the Ecstasy of Dissection” (Quattro donne mai amate, alla deriva su un mare senza scopo, sperimentano l’estasi della dissezione) realizzato apposta da Cronenberg. Le quattro donne sono stese su altrettanti lettini galleggianti su un mare blu elettrico e i loro volti estatici sono ripresi in primissimo piano, mentre si alternano immagini degli organi interni e dei loro corpi che si schiudono. In lontananza sentiamo il garrito di gabbiani che potrebbero buttarsi a capofitto sui corpi da un momento all’altro, ma le quattro donne sembrano non curarsene, perché in preda all’estasi. In sottofondo percepiamo il loro ansimare che sembra provenire più da un film porno che da un’operazione chirurgica. Nel progetto, dunque, coesistono due percorsi opposti e simultanei: uno scientifico e l’altro creativo. Una mostra d’arte, che diventa lezione di anatomia, che diventa un video sul desiderio. Sembra quasi di scorgere, dietro le quinte, l’occhialuto regista oggi ottantenne, che sghignazza e scompare nel nulla. Durante le riprese del video il montatore di Cronenberg gli ha fatto notare che “sembrava fossero lì ad aspettarmi da due secoli”.

 

Per celebrare la bellezza esteriore del corpo, invece, alcuni dei più importanti disegnatori italiani di fumetti hanno omaggiato lo sguardo tagliente del regista realizzando “La Nuova Carne” (Comicon Edizioni, 2022), un notevole libro che racchiude tavole originali e testi critici, tra cui uno di Cronenberg stesso. “Ma l’arte si rivolge esattamente a quei desideri e istinti repressi, a ciò che Freud chiamava il subconscio, e quindi, in questo senso, tutta l’arte è sovversiva della civiltà”, scrive il regista nel pezzo intitolato “L’arte come crimine”, quello messo in scena nei suoi film: non è un caso che il libro si apra con una tavola che il genio di Tanino Liberatore ha realizzato raccontando “Crash”, il film del 1996. Ed è impossibile non ripensare al mitico Ranxerox, il coatto cyberpunk creato dall’indimenticato Stefano Tamburini e disegnato splendidamente proprio da Liberatore. Leggendo invece il corposo omaggio di Daniele Brolli e Giuseppe Palumbo – una sorta di spin-off della prima versione del film “Crimes of the Future” del 1970, uno dei primi esperimenti di Cronenberg, poi rigirato e riproposto nel 2022 – si ritrova il tratto muscoloso ed elettrico del talento visivo di Palumbo, autore di Ramarro, il primo supereroe masochista. Personaggio che si sarebbe trovato perfettamente a suo agio nel film “Crash”, perché il dolore fisico è, per lui, fonte di piacere. Il cerchio tra fumetto e cinema si chiude magicamente ricordando “A History of Violence” del 2005, ancora con Viggo Mortensen nei panni di un uomo mite con un oscuro passato di violenza, che Cronenberg ha tratto dall’omonimo fumetto. 

 

Lo sguardo allucinato di Cronenberg sull’esistenza intera è scioccante, difficile da sostenere, e i suoi film spesso dividono il pubblico. Sempre Jude Law, alla fine di “eXistenZ”, si sente frastornato: “Non mi piace qui, non so cosa stia succedendo. Procediamo improvvisando in questo informe mondo, le cui regole e obiettivi sono sconosciuti, apparentemente indecifrabili, e forse nemmeno esistono. Sempre sul punto d’essere uccisi da forze di cui ignoriamo il senso”. Lui intende il videogame virtuale “eXistenZ”, Cronenberg probabilmente allude alla vita.

 

“Io dico, il corpo umano è la ragione per cui è stato inventato il cinema”, conclude il regista nel suo saggio su “La Nuova Carne”, “Il volto, il corpo, sono il suo vero soggetto, l’oggetto più fotografato del cinema. Il cinema è il corpo”.  E il corpo dello stesso Cronenberg, l’unico strumento che ci conduce alla verità, è stato protagonista di un bizzarro e inquietante cortometraggio firmato a quattro mani con la figlia Caitlin, “The Death of David Cronenberg” (La morte di David Cronenberg) del 2021: dura solo cinquantasette secondi, ed è stato realizzato come opera NFT (Non Fungible Token, un “gettone non riproducibile”, cioè un’opera d’arte digitale come pezzo unico. Il cortometraggio, venduto per circa 70 mila dollari, ha fatto presto il giro del mondo perché mette in scena, in modo scarno e solenne, l’abbraccio del regista Cronenberg al corpo di sé stesso cadavere. Poco tempo prima la moglie Denise, montatrice dei suoi film, è scomparsa e il regista ha dichiarato che con la sua morte “almeno in parte, anche io sono morto. Quel cadavere è mia moglie per me”. Citando il finale del capolavoro di fantascienza “2001 Odissea nello spazio” di Stanley Kubrick, David Cronenberg dà l’ultimo abbraccio a ciò che resta di sé. Ma in questo caso, a differenza delle Veneri di cera della Specola, non c’è estasi sul volto del Cronenberg senza vita. Che viene ripetutamente e amorevolmente baciato dal Cronenberg vivo, che si distende accanto a lui in un abbraccio surreale ed eterno. 

 

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