Foto Ansa 

Lettere

Il M5s da onestà-tà-tà a opacità-tà-tà. No vax, fatevi una vita!

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Repubblica riesce nel miracolo di raccontare l’indagine su Grillo puntando su un reato che non c’è: il lobbismo. Come a voler ricordare che il giustizialismo non lo ha inventato il M5s.
Luca Martoni

 

A proposito dell’indagine, una chicca utile. Pensateci. Il M5s ha screditato in tutti i modi i partiti e le fondazioni, che sui finanziamenti hanno doveri di rendicontazione, e poi ha accettato senza battere ciglio di essere teleguidato da una srl che non ha alcun dovere di rendicontazione. Da onestà-tà-tà a opacità-tà-tà.

 


Al direttore - C’è un interessante comune denominatore tra i No vax, e cioè che non fanno altro che pensare e parlare di virus e pandemia ossessivamente, h24, 7 giorni su 7, alla ricerca di notizie false, teorie cospirazioniste, dati fantasiosi ed esperti sconosciuti e/o improvvisati solo per sostenere la loro tesi. Sicuramente molto di più di tutti noi che ci siamo “arresi al pensiero unico” e ci siamo fatti inoculare tre vaccini (io nemmeno mi sono preoccupato di fare questo piuttosto che quello, provandoli tutti, perché anche quello mi sembrava una delle più grandi cazzate che potessimo partorire, come se i nostri genitori si fossero mai chiesti quale casa farmaceutica avesse prodotto la nostra prima antitetanica, o che il nostro sistema immunitario chieda al vaccino “scusi lei chi la manda?”). Allora secondo me le cose sono tre: o si stanno cacando sotto perché sanno di aver fatto una cazzata e quindi un po’ se la rischiano e fanno rischiare un loro famigliare che magari non può proprio vaccinarsi per altri motivi; oppure gli piace proprio vivere in preda all’ansia e pensare ogni singolo minuto alla malattia o a noi che siamo spacciati e al deserto post apocalittico che li aspetta (che sarebbe anche uno sballo, ma questa è proprio una mia fantasia); oppure, e mi pare anche ovvio senza green pass, che non c’hanno una vita.
Lorenzo Rossi Espagnet

 

A proposito di sballo. Chissà se i cospirazionisti, insieme con i cialtro-anarco-pseudo-libertari, hanno visto il report pubblicato due giorni fa dal think tank Bruegel e dal Conseil d’analyse économique sugli effetti del green pass. E i dati sono questi e li ha ricordati ieri sul Foglio Luciano Capone: l’introduzione del green pass ha fatto aumentare il tasso di vaccinazione di 13 punti percentuali in Francia, di 6,2 punti percentuali in Germania e di 9,7 punti percentuali in Italia. No vax, No green pass: fatevi una vita.

 


Al direttore - In un’epoca come la nostra in cui ci si sposa sempre meno e, quando succede, ci si separa sempre più spesso, arrivare a certi traguardi non è solo una notizia ma meriterebbe un premio speciale. E non vi sarebbe dubbio alcuno che quest’anno il premio andrebbe di diritto a una delle coppie più longeve e in forma d’Italia, il cui felice (per loro, s’intende) connubio non sembra mostrare ombra di crisi. Correva l’anno 1992 quando scoccò la fatidica scintilla che avrebbe cambiato per sempre la loro (e altrui, soprattutto) sorte. Il matrimonio che ne seguì tra Magistratura (non tutta, certo) e Giornalismo (non tutto, ovvio) sarà ricordato in saecula saeculorum tra i più fulgidi esempi di fedeltà, dedizione, altruismo e sacrificio di sé in nome del Bene supremo. E la cui eredità fu poi raccolta e ben amministrata da una progenie di magistrati e giornalisti sì numerosa da fare invidia a un esercito di conigli. La cosa strana, tuttavia, è che nonostante il popolo italiano sia stato baciato da cotanta fortuna sembra quasi che dopo trent’anni l’Italia non sia un posto così migliore dove vivere rispetto a prima, anzi. Il mondo della Guerra fredda e della contrapposizione tra i due blocchi non c’era più e di conseguenza bisognava cambiare anche l’assetto politico sottostante spazzando via quei partiti la cui esistenza era giustificata (agli occhi di qualche burattinaio) solo ed esclusivamente in funzione anti qualcosa/qualcuno? E’ una possibile spiegazione, certo. Che ha il suo perché, come ce l’hanno tante altre. E fermo restando che la corruzione e il malaffare c’erano e andavano giustamente perseguiti. Ma, primo, c’è modo e modo; secondo, e cosa più importante: per quanto il “sistema” fosse marcio, in ogni caso si trattava di un marciume che non giustificava lo scempio, la macelleria mediatico-giudiziaria italiana cui abbiamo assistito. Cosa resta allora, oltre alla doverosa memoria di uomini e ideali calpestati? Solo due date: 1992-2022, i (trenta) peggiori anni della nostra vita.  
Luca Del Pozzo


  

Al direttore - Sabino Cassese, su queste pagine, ha sollevato, nella forma di un virtuale dialogo tra un “aristocratico” e un “plebeo”, un tema annoso ma sempre attuale: qual è la forma migliore per selezionare i gruppi dirigenti delle grandi aziende pubbliche o partecipate, valorizzando esperienze e competenze. Il problema, però, non riguarda solo i partiti politici e gli sconfinamenti della  “politica” con la tendenza a occupare aziende e istituzioni con gruppi dirigenti non sempre adeguati. Occorre sottolineare che, l’occupazione del potere e dell’amministrazione pubblica a fini di parte si manifesta spesso attraverso l’invadenza di organizzazioni di interesse, parti di mondi economici, gruppi di pressione vari, baronie accademiche, apparati lobbistici fino ad arrivare, nei casi più estremi ma non poco diffusi, a vere e proprie organizzazioni criminali o apparati occulti che costruiscono reti di potere capaci di condizionare le scelte e le decisioni degli stessi partiti asservendo lo stato attraverso lo snaturamento dei partiti stessi. Non sono escluse quelle reti che, genericamente, definiamo “tecnocratiche” e che, spesso e volentieri, portano a una sorta di giostra tra amministratori di azienda che ruotano da una azienda all’altra senza mai un giudizio di merito. Anche questo è un effetto della debolezza dei partiti.
Per contrastare tutto ciò esiste solo un metodo: l’istituzionalizzazione per legge di procedure a evidenza pubblica che riducano lo spazio delle scelte discrezionali a un livello ragionevole. Dal 2013 è depositata presso la commissione Affari costituzionali della Camera una proposta di legge che con il “cacciavite” produce una grande riforma. Con la modifica dell’art. 2449 del Codice civile si introduce l’obbligo di selezioni pubbliche  per la scelta degli amministratori di aziende pubbliche e partecipate, lasciando alle autorità competenti la facoltà di scegliere da una terna di nomi generata dal concorso. La legge è depositata dal 2013, basterebbe discuterla e approvarla per cambiare e rinnovare un pezzo di politica e di economia.

Roberto Morassut

Di più su questi argomenti: