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L'unico modo per non perdere Draghi è mandarlo al Quirinale

redazione

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Se la Russia invade l’Ucraina toccherà poi mettere fine di nuovo alla Guerra fredda.
Giuseppe De Filippi

 


 

Al direttore - Come si declina la democrazia in tempi di emergenza? Chi le parla ha vissuto la sua intera vita professionale operando in situazioni di estrema emergenza in Italia e nel mondo, passando da disastri naturali a sanguinose guerre, da atti terroristici a calamità legate alla mano dell’uomo. Nel governo di tutte le crisi che ho vissuto mi sono sempre trovato in situazioni ove l’imperativo era il tempo dell’azione, la rapidità dell’intervento. Non ho mai avuto, in quei momenti tempo per il dibattito e la discussione. Le decisioni dovevano essere prese tempestivamente, la velocità degli interventi faceva sempre la differenza tra la vita e la morte, la sofferenza e il dolore. Le decisioni prese nella gestione delle emergenze sono comunque, sempre, commisurate al lavoro fatto in “tempo di pace”, alla preparazione svolta per ridurre la vulnerabilità delle persone, dei gruppi sociali o dell’ambiente, oltre che agli investimenti fatti in tema di prevenzione, tema sempre poco amato dalla politica semplicemente perché si suol dire che l’investimento in prevenzione “non fa vincere le elezioni”. Il grande tema della prevenzione delle emergenze nel nostro paese è notoriamente deficitario, un deficit che ogni qualvolta entriamo in contesti di crisi ci fa invocare la ben nota metafora militare: siamo in guerra. Un’invocazione utile solo a consentire l’adozione di misure semplificate per accelerare il soccorso. Mai accostiamo la nostra metafora militare al fatto che se c’è qualcosa di ben poco democratico è proprio la guerra, forse arrogandoci il diritto di introdurre forme bizzarre di democrazia nel governo delle crisi militari. In questo senso sostengo che anche oggi, nel corso di questa lunga emergenza da pandemia, è importante che la politica prenda decisioni chiare e inequivocabili, senza tentennamenti e senza compromessi che sono solo capaci di disorientare l’opinione pubblica. Queste decisioni non sono normalmente gradite a tutti, ma è bene evidente che in situazioni di emergenza è impossibile decidere sulla base del consenso collettivo. Le mie estremizzazioni (“anche il carcere”) sono riferite a quei comportamenti illegali e criminali quali le falsificazioni di certificazione, l’effettuazione di finte vaccinazioni, la diffusione di falsi green pass che possono generare rischi gravi per le persone. Penso infatti all’ipotesi di persone non vaccinate, quale personale sanitario, dipendenti pubblici o della scuola, che per non perdere il proprio lavoro falsificano il certificato di vaccinazione o il green pass ed espongono le persone con cui vengono a contatto al rischio potenziale di diffusione della pandemia. In Italia le decisioni sono prese in piena autonomia dal Parlamento; possono piacere o meno, ma in democrazia così funzionano i rapporti istituzionali. Se non concordi con quelle regole fai in modo che i rappresentanti politici da te eletti le combattano e le modifichino; non utilizzi mezzi illegali per bypassare i percorsi codificati dalla nostra Repubblica e dalla Costituzione. La televisione ci offre troppo spesso immagini di distorsioni e illeciti cui l’opinione pubblica guarda con apprensione, disorientamento e spesso rabbia. E’ per questi illeciti comportamenti, peraltro già censurati e proibiti da precise norme di legge, che invoco la certezza della pena, qualunque essa sia, anche la più estrema come il carcere.
Agostino Miozzo

Timothy Caulfield, un opinionista del Globe and Mail, maggiore quotidiano canadese, sull’ultimo punto che lei ha sollevato, ovvero le immagini distorte veicolate da alcuni media quando si parla di pandemia, ha offerto uno spunto di riflessione interessante: i teorici della cospirazione, e tutti coloro che gli strizzano l’occhio, non stanno mettendo in discussione in modo costruttivo la scienza – che è ciò che i bravi scienziati fanno ogni giorno – ma stanno negando la scienza. E coloro che spingono sulla disinformazione su questi argomenti o stanno volontariamente ignorando le montagne di prove rilevanti o molto semplicemente stanno mentendo. Riflettere prima del prossimo collegamento con il cialtrone negazionista di turno.

 


 

Al direttore - Se al Quirinale non ci va Draghi, perché i partiti non vogliono, e non resta Mattarella, perché non vuole lui, ci andrà qualcuno con cui non si ristabilirà l’intesa tra i due, che è stata alla base di questo governo. La situazione in cui vive il paese – Covid, inflazione, necessità di fornire sostegno a famiglie e settori in difficoltà – impone decisioni che i partiti troveranno impopolari. Premessa maggiore: i partiti vogliono Draghi a Palazzo Chigi per sfruttarne il prestigio, mentre nella sostanza lo cuociono a fuoco lento. Premessa minore: Draghi è troppo accorto, saprà evitare che qualcuno faccia finire male il suo curriculum stellare. Conclusione del sillogismo: il solo modo per non perdere Draghi è mandarlo al Quirinale.
Franco Debenedetti

Concordo.

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