(foto LaPresse)

Virologia, la peggior forma di governo dei virus eccetto tutte le altre

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Regioni rosse e non si è neanche votato! 
Giuseppe De Filippi



Al direttore - Parafrasando Georges Clemenceau, detto “il Tigre”: la pandemia è una cosa troppo seria per affidarla ai virologi.
Giuliano Cazzola 

 

La virologia è certamente la peggior forma scientifica di governo dei virus, eccezion fatta per tutte quelle altre forme che si sono sperimentate finora.


 

Al direttore - Ha ragione Stefano Cingolani nello scrivere che il Monte dei Paschi è stato distrutto dal matrimonio con la Fondazione, con il comune, con potentati locali, notabili (andrebbe aggiunto per questi ultimi non solo locali, ma anche politici nazionali), cacicchi. Ma il colpo mortale è stato inferto dalla sciagurata operazione Antonveneta e dall’autorizzazione concessa, a proposito della quale solo quando si sono conosciuti i fatti è stata possibile una appropriata, non esaltante valutazione. Ora, ci si dovrebbe chiedere perché il Tesoro dovrebbe immediatamente uscire dalla proprietà del 68 per cento del Monte dopo aver partecipato a un previsto aumento di capitale che potrebbe essere dell’ordine di circa due miliardi secondo i dati riportati nelle cronache e finora non smentiti ufficialmente, e dopo aver deciso il riconoscimento di attività fiscali differite per circa tre miliardi per l’ipotesi di una aggregazione dello stesso Monte con un altro istituto, come da progetto di legge che sarebbe in via di definizione. Insomma, si dovrebbe sommare alle precedenti questa nuova erogazione di fondi pubblici, la “dote” di cessione, per poi abbandonare l’istituto? Allora non sarebbe più logico attendere il tempo richiesto anche dal presidente della regione Toscana se non altro per non compiere un’operazione con il cappio dell’immediatezza dell’uscita del “pubblico”, trascurando anche gli impatti sul territorio e quelli possibili per i lavoratori dell’istituto?
Angelo De Mattia 

 

La storia di Mps ci insegna che più la politica sta lontana da questa banca e più questa banca sventurata avrà una qualche speranza di costruire un futuro.


 

Al direttore - Non so nulla del ciondolo anti Covid pubblicizzato in un’audizione alla Camera da un sindacalista della Polizia (in attesa che vengano ascoltati anche maghi e fattucchiere). So però che nei mesi scorsi sono andati a ruba nei vicoli del circondario partenopeo amuleti di ogni tipo, dal “cornovirus” ai santini con l’immagine di Maradona che prende il corpo di san Gennaro. Del resto, se è vero che tutti gli italiani condividono un patrimonio comune di superstizioni, da quella sul ferro di cavallo ai fantasmi, ce n’è una esportata inconfondibilmente in tutta la penisola da Napoli. Si tratta della jettatura. Secondo l’eminente antropologo Alfonso M. Di Nola, per jettatura si deve intendere l’influenza nefasta esercitata da uomini – ma anche da oggetti e animali – su altri uomini, intenzionalmente o involontariamente. Il suo discredito è legato a un presunto potere speciale dell’occhio, capace di sprigionare un influsso distruttivo, ossia quel “gettare il male” da cui deriva il termine. Le radici storiche del fenomeno sono remote, ma raggiunse il suo apice proprio nelle pestilenze medievali. Infatti, la medicina del tempo dipendeva strettamente dai farmaci di natura vegetale: ruta, rosmarino, cipolla, aceto, assenzio e oppiacei. I medici chimici, disprezzati da quelli di formazione filosofica, raccomandavano anche talismani contenenti arsenico, stagno e mercurio, perché il veleno doveva far uscire il morbo venefico in base al principio che “similia attrahunt” (i simili si attraggono). Inoltre, stravaganti sostanze – quali limatura di zoccoli di cavallo, corallo, occhi e chele di granchio, olio di scorpione – erano utilizzati dai più poveri per un impiastro da applicarsi direttamente sul bubbone. I più facoltosi, invece, si servivano di fumiganti a base di rari e costosi composti di zolfo, salnitro, ambra, luppolo, pepe e incenso. Morale: all’epoca del coronavirus coesistono modernità e Età di mezzo, scienza e credenze irrazionali. C’è chi riesuma vecchie teorie miasmatiche e chi ci richiama al pentimento e alla conversione impugnando il libro dell’Apocalisse. Nessuno rinuncia a dire la sua, neanche un filosofo oracolare come Giorgio Agamben che, sulla scorta della categoria schmittiana di “stato d’eccezione”, scambia elementari misure di profilassi e i tentativi di contrastare la diffusione del contagio come “gravi limitazioni della libertà”. Forse non ha del tutto torto Alex Broadbent, autore di una “Philosophy of epidemiology” (2013), a lamentare l’assenza di nozioni di epidemiologia nelle scuole per la formazione di una matura coscienza civica.
Michele Magno 

 

Ricordo a questo proposito una splendida frase di un personaggio di “Grey’s Anatomy”, Meredith Grey, interpretata da Ellen Pompeo, perfetta per spiegare bene fenomeni che vanno dal cornovirus alla lattoferrina: “Ci affidiamo alle superstizioni perché in fondo siamo abbastanza intelligenti da sapere che non abbiamo tutte le risposte”.

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