(foto LaPresse)

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Chi ha negato l'emergenza può criticare la gestione di un'emergenza?

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

 

Al direttore - Caro Cerasa, ho letto il suo editoriale di lunedì nel quale ha voluto sottolineare la sopraggiunta correttezza dei social nella vicenda del voto Usa, nonché l’auspicio che la lezione sia compresa anche dai media italiani. A questo punto mi aspetterei che,  quando Matteo Salvini o Giorgia Meloni  affermano che il governo non ha fatto nulla benché fosse consapevole dell’arrivo della seconda fase del contagio, un conduttore (o una conduttrice) li interrompesse garbatamente così: “Mi scusi, ma lei a luglio non diceva che l’emergenza sanitaria era finita e che il governo ne chiedeva la proroga solo per restare al potere, con grave danno per la democrazia?”.
Giuliano Cazzola 

 

L’emergenza non è stata gestita al meglio, come purtroppo è capitato in buona parte dell’Europa, eccezion fatta forse per la Germania. Ma chi ha negato la necessità di introdurre uno stato d’emergenza in Italia a che titolo oggi può rimproverare chi governa di non essersi preparato in modo opportuno alla crisi che sarebbe arrivata? 


 

Al direttore - Ho visto anch’io la trasmissione di Giletti.
 Non che ami il genere. Semplicemente mi illudevo di trovare, rossianamente (nel senso di Vasco), un senso a quello che un senso non ce l’aveva, e cioè l’ormai nota l’intervista al generale Cotticelli.
 Mi illudevo, appunto. Quello che è andato in onda a “Non è l’Arena” è stato, se possibile, ancora più surreale. Uno spettacolo gustosamente esilarante, oserei dire, se non fosse che si parlava della carne viva di una terra ferita. L’ormai ex commissario Cotticelli (sempre più nomen omen) si è dichiarato incapace di intendere e volere (“Mi trovavo in uno stato confusionale su cui sto indagando”) e ha cercato di lanciare la palla nella tribuna dei complotti, tra mezze denunce a mezzo tv e l’accusa di essere stato drogato (da Maria? Dall’usciere?).
 Nel frattempo avevamo conosciuto il neo commissario Zuccatelli, insospettabile No mask ed esperto di limonate adolescenziali (e anche politiche?).
 E mentre l’ex Cotticelli continuava a cianciare su La7 di dattilografie negate e congiure riuscite, sbucava un altro video in cui il neo commissario col catetere esortava i ragazzi a scopare e a non pensare al Covid-19.
 Ed è in quel momento che ho spento tutto e mi sono messo a pensare a questo teatro dell’assurdo con poco panem e molti circenses, a questi personaggi di cui noi ci sforziamo di cercare, tra il pirandelliano e il kafkiano, autori e senso. Ho pensato anche alla regia romana e allora sono giunto all’unica spiegazione possibile: ci danno la commedia per distrarci dalla tragedia.


Vincenzo Clemeno


 

Al direttore - Il 6 novembre è stato pubblicato a pagina 8 del Foglio il resoconto della partecipazione del governatore Visco al Festival dell’ottimismo del 31 ottobre scorso. Nell’articolo, il capoverso che inizia con “sicuramente bisogna investire in produzione” riporta erroneamente il pensiero del governatore, che in quella sede diceva invece “sicuramente bisogna investire in innovazione”, riferendosi a tal proposito, non per la prima volta,  ai ritardi del settore produttivo italiano che ha puntato a ridurre il costo del lavoro senza investire nel nuovo. Poiché la frase riportata non esprime correttamente l’invito al sistema produttivo di investire in innovazione formulato dal governatore, ti chiedo di voler cortesemente pubblicare un’errata corrige, riprendendo il pensiero autentico espresso durante l’incontro. Ti ringrazio come sempre  per la collaborazione  e ti saluto cordialmente.

Paola Ansuini, capo Servizio Comunicazione Banca d’Italia 

 

Grazie della precisazione e un caro saluto.



Al direttore - L’emergenza pandemica ha creato una tempesta inaspettata che può spingere il mondo dell’istruzione ad affrontare nuove sfide. Oggi è indispensabile creare metodi e linguaggi utili a ridisegnare nuovi modelli di insegnamento per rispondere ai nuovi bisogni occupazionali di una società globalizzata e interconnessa. Se le scuole e le università considereranno l’e-learning come una nuova opportunità per modernizzare le strutture formative, il processo di innovazione avrà una ricaduta su tutte le istituzioni della società. Bisogna però tenere conto del fatto che tutti gli studenti conoscono il linguaggio della rete, essendo dei “nativi digitali”, mentre gran parte dei docenti non sono mai stati formati in tal senso. Per questo, durante la pandemia, moltissimi insegnanti si sono trovati a improvvisare la didattica a distanza. Per sviluppare con successo processi di apprendimento in rete, è necessario elaborare nuovi modelli psicopedagogici legati alle diverse fasce di età e ai diversi livelli scolastici e universitari basati sull’interazione tra insegnanti e alunni. Se finora l’e-learning ha riscontrato enormi criticità è innanzitutto perché non si è tenuto conto delle potenzialità tecnologiche delle diverse realtà geografiche del paese: per colmare il gap digitale delle regioni del sud Italia si sarebbero dovuti sfruttare meglio i collegamenti via satellite. Inoltre, si sarebbe dovuto creare un pool di docenti innovatori in grado di elaborare modelli di apprendimento vincenti da distribuire sui territori. In un contesto storico profondamente mutato, le istituzioni devono trovare il coraggio di reinventarsi usando internet, la piattaforma più potente della storia, che consente di accelerare i processi di innovazione, distribuzione e creatività, riunendo persone, conoscenze e competenze a livello globale. E’ necessario creare politiche pubbliche aderenti alla realtà, che facilitino lo sviluppo di nuovi modelli organizzativi di scuole,  centri  di formazione e università a livello locale, nazionale e internazionale, che integrino presenza e distanza rispondendo ai bisogni formativi dell’uomo del XXI secolo. Non si può pensare di costruire il futuro se  le riforme scolastiche e universitarie continuano a essere caratterizzate da un modello  solo nazionale di scuola e università, se non si tiene presente che è soltanto attraverso le nuove tecnologie che l’istruzione può arrivare nelle  case degli  studenti di tutto il mondo e  che quelle stesse tecnologie sono in grado di formare a distanza le competenze necessarie per i mercati globali  del lavoro.
Maria Amata Garito , Rettore dell’Università Telematica internazionale Uninettuno