(foto LaPresse)

Due populismi, due diversi no al Mes. E al centro c'è sempre l'euro

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Chi se ne frega di andare a Torino!

Giuseppe De Filippi

 

Al direttore - In tanto keynesismo dilagante, sarebbe il caso di ricordare a Conte il suo apologo del concorso di bellezza. Quindi chiedersi che cosa pensano i mercati di un paese che non accetta il Mes nel timore di rivelare in tal modo la propria debolezza ai mercati. E cioè che si illude di avere qualcosa che in tanto disastro sia ancora da rivelare.

Franco Debenedetti 

 

La titubanza è un problema, ovvio, e il dibattito sul Mes, da molti punti di vista, è semplicemente senza senso: se hai bisogno di soldi e quei soldi te li danno con condizioni persino meno stringenti rispetto a quelle che una banca ti pone quando ti concede un mutuo si capisce facilmente che il dibattito è senza senso. Però, vista la fragilità della maggioranza, partendo dal presupposto che quello che abbiamo oggi al tavolo, vista la qualità degli ingredienti, è il miglior minestrone possibile, su una cosa dovremmo essere d’accordo: i mercati potrebbero osservare con preoccupazione il nostro passo incerto (cosa che al momento non sembra) ma osserverebbero con ancora più preoccupazione il cedimento di questa maggioranza sapendo che il M5s non vuole il Mes per paura di contraddire se stesso mentre la Lega non vuole il Mes (e anzi lo vorrebbe proprio abolire) per ragioni diverse: per permettere ai suoi campioni antieuro di continuare a dire che uscire dall’euro si può. E negli ultimi due anni, a proposito di spread, la prospettiva di un governo antieuro ha preoccupato i mercati più della pandemia.


Al direttore - Fece non poco scalpore quando il compianto card. Caffarra disse in un’intervista al Foglio che solo un cieco può non vedere la confusione che c’è oggi nella chiesa. Scalpore e, manco a dirlo, sdegno, in alcuni casi rabbioso, dei soliti guardiani della rivoluzione. Ma come spesso gli capitava il cardinale aveva colto nel segno. L’ennesimo esempio arriva in questi giorni in cui, in ambito cattolico, in particolare sulle pagine del quotidiano della Cei, è in corso un fervente dibattito sul dl Zan contro l’omotransfobia. Un giornalista, con buona pace della dura nota della Cei, ha scritto su Avvenire che le iniziative previste dal dl in questione, come si leggeva ieri, “con una gestione equilibrata e senza estremismi potrebbero rivelarsi un’ottima occasione educativa”. Ancor più interessante è quanto lo stesso giornalista scrive nella stessa pagina introducendo un’intervista a una psicologa: “L’umanità è popolata solo di uomini che si percepiscono come uomini e da donne che si percepiscono come donne? Oppure ci sono varianti che il dato di realtà ci costringe a prendere in considerazione ? La risposta, che dal punto di vista biologico sembra scontata – ma non lo è affatto – diventa improba quando al dato anatomico si sommano aspetti biologici, psicologici e comportamentali. Se simili affermazioni – oltre ad altre – le avessimo lette su un qualsivoglia altro giornale, nulla quaestio. Voglio dire, puoi non essere d’accordo, ma ci sta che un quotidiano dichiaratamente laico e a favore delle battaglie lgbt, pubblichi questi argomenti. Ma se lo stesso contenuto lo trovi spiattellato su un quotidiano cattolico, a firma di un giornalista di quel giornale c’è un problema. E neanche piccolo. E’ lo stesso identico problema di cui parlava il card. Caffarra. Perché se a fronte del biblico “maschio e femmina li creò”, su cui si regge tutta intera la visione cattolica della sessualità, dell’uomo e della donna, della famiglia, ecc., parli di uomini e donne che si “percepiscono” come tali; se dici che il dato biologico “non è affatto scontato”; se parli di studi assodati e di evidenze cliniche e di binarismo perfetto che va in crisi, allora forse c’è qualcosa che non torna. Per cui delle due l’una: o il giornale – ripeto, non un giornale qualsiasi ma l’organo ufficiale della Cei – è d’accordo, e allora converrà che ci spieghi come mai visto che si tratta di argomentazioni che cozzano in modo irriducibile con il magistero della chiesa cristallizzato nel catechismo; oppure non è d’accordo, nel qual caso sarebbe opportuna una ferma e decisa presa di distanza. Altrimenti si rischia solo di aggiungere confusione a confusione. E non va bene.

Luca Del Pozzo

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