Le sardine e la politica che osserva la domanda senza ragionare sull'offerta

Al direttore -

Giuseppe De Filippi

 


 

Al direttore - La campagna elettorale di Matteo Salvini è arrivata nella città che fu la Mosca d’occidente. Nelle stesse ore il Pd è impegnato in un’iniziativa programmatica nel salone di un Palazzo storico da cui si osserva la piazza dall’alto. Ma la scena viene occupata dal movimento delle “sardine’’, i cui improvvisati portavoce annunciano che analoghe iniziative saranno organizzate, nei prossimi giorni, ovunque si recherà Matteo Salvini. Chi sono questi sconosciuti usciti dal buio, questi combattenti volontari non inquadrabili in un partito? L’obiettivo di quelle migliaia di “sardine” era molto semplice: dire No a Salvini, al canto di “Bella Ciao’’, in uno scontro di dimensione nazionale. E se fossero loro ad aver capito tutto? A ribadire, cioè, che è prioritario resistere alla deriva di estrema destra lungo la quale sta scivolando il paese; che sbagliano quanti sottovalutano l’onda nera sulla quale galleggia il Capitano; che la vera battaglia in cui impegnarsi è quella di difendere un ordinamento civile e democratico inquinato da disvalori antichi che si sentono legittimati a rialzare la testa. Da quella piazza è arrivato anche un segnale chiaro per Stefano Bonaccini. Il presidente in carica della regione contesa s’illude di poter stanare gli avversari sul terreno delle problematiche regionali. La campagna elettorale del centrodestra in regione è condotta in prima persona da Matteo Salvini al quale delle politiche regionali non importa nulla; la sua candidata, Lucia Borgonzoni, non è in grado neppure di fare delle proposte o di esporre, con ordine logico, un minimo di programma. La narrazione di Salvini è semplice e chiara: se il centro destra a trazione leghista vincesse in Emilia Romagna l’onda d’urto travolgerebbe il governo Conte 2 e si andrebbe al voto anticipato. Così la Lega non si limiterebbe soltanto ad amministrare quel blocco di regioni dove si produce l’80 per cento del pil, ma s’impadronirebbe del paese, forte di una maggioranza (insieme con gli alleati) mai vista nella storia della Repubblica: una maggioranza che garantirebbe davvero a Salvini quei “pieni poteri” a cui ambisce. A quest’offensiva e al messaggio che essa contiene non è sufficiente che Bonaccini risponda: “Io ho governato bene”. Il Capitano sarebbe disposto a riconoscerglielo pubblicamente, perché non avrebbe argomenti per dimostrare il contrario. Non perde tempo a promettere che la regione sarà governata meglio. A lui interessa che cada il bastione emiliano-romagnolo, per prendere il potere a livello nazionale. In sostanza, Salvini non chiede agli emiliani di votare Lucia Borgonzoni come governatore, ma lui stesso come presidente del Consiglio. E chi voterà per il centrodestra, il 26 gennaio, lo farà per questo obiettivo. Le “sardine’’ lo hanno capito. E non vanno a cercare scorciatoie.

Giuliano Cazzola

 

Il piccolo fenomeno delle sardine ha permesso di accendere in ciascuno di noi molte lampadine e una lampadina che forse merita di rimanere accesa più delle alte è quella che illumina un fenomeno spesso ignorato dai protagonisti della nostra vita politica. Un fenomeno che di anno in anno viene descritto bene dall’Istat con due dati che ci dicono molto sullo stato del nostro paese. Il primo dato è quello che ci dice (dati 2018) che soltanto una quota di popolazione limitata partecipa direttamente alla vita politica: “Il 3,8 per cento delle persone di 14 anni e più ha partecipato a comizi e il 3,5 per cento a cortei”. Il secondo dato è quello che ci dice che “una quota considerevolmente più ampia della popolazione partecipa in modo indiretto alla vita politica: il 71,9 per cento si informa di politica (il 54,1 per cento almeno una volta a settimana) e il 64,0 per cento ne parla (il 33,4 per cento almeno una volta a settimana)”. Gli italiani vanno pazzi per la politica. La domanda c’è ed è forte. Prima o poi qualcuno capirà che se c’è un problema quel problema più che la domanda riguarda l’offerta.

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