Esiste l'ambientalismo del sì? Botta e risposta con il ministro dell'Ambiente

Le lettere al direttore Claudio Cerasa del 20 marzo 2019

Al direttore - Mannaggia l'immunità, da mi processino pure a li processino pure.

Giuseppe De Filippi


  

Al direttore - Ho letto l’articolo “Verde Alors!” pubblicato il 18 marzo 2019, che inizia attaccando Greta Thunberg – che ha avuto invece a mio avviso il grande merito di stimolare tanto la politica che i giovani ad impegnarsi per la nostra Terra – e prosegue con critiche anche al sottoscritto. Voglio smentire categoricamente di aver “setacciato campi agricoli in cerca di fusti tossici e radioattivi che non sono mai stati trovati”. Nelle attività investigative condotte nel territorio posto a nord della provincia di Napoli e a sud di quella di Caserta, la cosiddetta Terra dei fuochi, ho sempre lavorato – prima come generale del Corpo forestale dello stato e poi dei Carabinieri forestali – sotto la direzione dell’Autorità giudiziaria competente che sia la procura ordinaria o la procura distrettuale antimafia. Il protocollo investigativo elaborato riguarda sia la ricerca di rifiuti speciali pericolosi sia la ricerca di rifiuti radioattivi. Ogni scavo prevede che si cerchino entrambi, a tutela dei cittadini e per assicurare i criminali alla giustizia. Finora, fortunatamente, non sono stati rinvenuti rifiuti radioattivi, ma esclusivamente, in quantità considerevole, rifiuti speciali pericolosi. Basti pensare alla discarica abusiva di Ercolano, nel parco nazionale del Vesuvio, alla discarica abusiva posta in una frazione di Casal di Principe, alla discarica abusiva posta in una frazione di Villa di Briano, a quella in agro del comune di Calvi Risorta e ad altre che, per economia di spazio, non riporto. È opportuno segnalare che il protocollo operativo delle investigazioni è oggi diventato patrimonio di tutte le forze di polizia che effettuano tali indagini partendo dalla verifica e dall’incrocio tra i campi magnetici e le ortofotogrammetrie del territorio che consentono approssimazioni pari a oltre il 99 per cento. Questi fatti emergono da precisi atti giudiziari. Sono di natura una persona pragmatica e voglio essere giudicato sui fatti. Chi mi conosce sa che non ho affatto “una visione poliziesca dell’ambiente”, come l’articolista scrive, e penso che gli atti debbano avere come orizzonte esclusivo il bene collettivo. L’azione da ministro è stata improntata fin dall’inizio alla massima trasparenza e all’ascolto dei cittadini. Il ministero è la casa di tutti coloro che hanno a cuore l’ambiente, il nostro sito e i nostri canali social sono a disposizione per tutti coloro che volessero conoscere meglio quanto stiamo facendo.

Sergio Costa, ministro dell’Ambiente

  

Gentile ministro, vedo che nel difendersi dalle nostre critiche lei non fa altro che confermare quello che contestiamo al governo, ovverosia aver scelto un ministro dell’Ambiente che continua a credere che il modo migliore per essere ambientalisti, in Italia, sia reprimere più che costruire. Ci fa piacere che poi lei parli di come il governo intende lavorare per arrivare ad avere rifiuti zero (per la pace nel mondo possiamo ancora aspettare qualche anno) ma come lei sa e come ricorda da tempo il presidente di Legambiente che lei dovrebbe conoscere per ottenere rifiuti zero, in Italia, occorre realizzare almeno mille impianti di riciclo. Saremo lieti di ospitare una sua lettera quando avrà modo di mandarci un elenco degli impianti che il governo di cui lei fa parte deciderà di autorizzare. Per il momento, dal suo ministero ci giungono solo notizie di divieti e di autorizzazioni negate, a cominciare dalla famosa normativa “End of Waste”, sull’economia circolare, che dovrebbe essere il presupposto base per poter parlare di rifiuti zero con una credibilità superiore a quella dei politici che parlano di sirene nell’oceano. L’ambiente si protegge con la forza dei sì, non con la repressione dei no. Auguri e buon lavoro.


  

Al direttore - I diritti dei lavoratori, diceva Marco Biagi, si conquistano prima di tutto nel mercato. Ma se le regole del mercato tolgono opportunità, invece di crearne, se soffocano tutte le iniziative di imprenditori lungimiranti invece di stimolarle, se costringono all’esilio le forze migliori, allora a pagarne il prezzo più alto sono proprio i lavoratori. Bisogna rompere quindi, la falsa equazione tra “flessibilità” del lavoro e diminuzione dei diritti dei lavoratori. Bisogna lavorare in modo tale che s’impedisca che alla flessibilità del lavoro si aggiunga la precarietà sociale, quindi si lavori affinché il lavoratore possa essere tutelato nel mercato del lavoro. Serve una nuova fase post decreto dignità: bisogna intervenire soprattutto sul passaggio da un posto di lavoro a un altro, facilitando questo processo con Agenzie per il lavoro più responsabilizzate ed efficienti e politiche attive legate alla formazione e bisogna sviluppare modalità di protezione e di tutela dei nuovi lavori. Solo così si può ipotizzare un futuro nel lavoro.

Andrea Zirilli

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