Sarah Jessica Parker e Thomas Haden Church

Il divorzio all'americana di Hbo

Mariarosa Mancuso

Nuova stagione, poche idee: del resto la vita dopo il matrimonio è meno interessante per tutti

Un matrimonio finisce. Un divorzio dura tutta la vita. Alla Hbo hanno preso sul serio il saggio Woody Allen, che resta saggio – e saggiamente zitto in questo frangente, ha saputo che Laura Boldrini e Asia Argento stanno per arrivare a New York – anche da disoccupato e quasi pensionato. “A Rainy Day in New York” non uscirà, gli attori gli si sono rivoltati contro, nessuno investirà più soldi nei suoi film: sappiatelo quando ci sarà la conta delle vittime.  

   

“Divorce” era il titolo della serie Hbo partita nel 2016, con Sarah Jessica Parker e Thomas Haden Church, showrunner Sharon Horgan. “Divorce” è il titolo della seconda stagione, a gennaio negli Stati Uniti e dal 3 aprile su Sky Atlantic. Nuova showrunner Jenny Bricks, rimangono gli attori: l’eroina di “Sex and the City” (un’altra del quartetto, Cynthia Nixon, è in manica per diventare governatore di New York) e il compagno di sbronze di Paul Giamatti in “Sideways” di Alexander Payne. Non si tratta infatti di serie antologica – una coppia nuova a stagione potrebbe essere un’idea, visto che ogni divorzio è infelice a modo suo, pensate a Russell Crowe e alla sua asta “The Art of Divorce” – ma la naturale continuazione della vicenda precedente. Visto e considerato che sono servite dieci puntate più il pilot a divorziare, potrebbe continuare molto a lungo.

   

Si firmano le carte del divorzio Dufresne, finalmente. Subito dopo scopriamo che l’avvocato di lui e l’avvocatessa di lei appena i clienti rispettivi hanno girato l’angolo scopano come ricci. E’ un resto del cinismo ereditato dalla stagione precedente, piuttosto nera e crudele, i divorzi non sono roba per signorine. La Frances di Sarah Jessica Parker certo non si dimostra tale. Robert lo sarebbe un po’ di più, se non fosse così goffo e se gli andassero bene gli affari (fu lui a rischiar la pelle, quando a una festa spuntò un fucile).

   

Vengono firmate le carte, poco ci manca che i due divorziati tornino a casa con lo stesso treno (già hanno condiviso il mezzo all’andata). Come ultimo dispetto ha voluto indietro gli album degli Eagles, lei li ha benevolmente concessi. Lui ancora abita in una casa in costruzione, e vorrebbe tanto riprendere a lavorare nella finanza (finisce invece a fare l’operaio, unico svago la birra serale con i messicani). Però si taglia i baffi, e - miracolo - la ex moglie se ne accorge. Per un attimo abbiamo temuto che succedesse come nel romanzo di Emmanuel Carrère intitolato “Baffi”. Un uomo decide di tagliarsi i baffi, la moglie neppure se ne accorge. Spera che gli amici notino la differenza, ma nessuno di loro mostra sorpresa. Esasperato, sbotta: “Non avete visto che mi sono tagliato i baffi?”, e tutti quanti ribattono: “Baffi?, che baffi, non li hai mai avuti”.

   

La vita dopo il divorzio, tra insonnie e figli che si ribellano, risulta drammaticamente meno interessante del divorzio (anche che il manifesto conserva i due coniugi che precipitano, in stile “Mad Men”). Vale sempre la legge di Tolstoj, al diminuire dell’infelicità diminuiscono le potenzialità drammatiche. Aumenta invece l’interesse verso l’unica faccenda che ancora attrae: più delle ammucchiate, i fornelli. Il marito dell’amica va in pensione – “per stare più a lungo con te, cara” – e comincia a spignattare. Invita gli amici e fa scene isteriche se non mangiano l’anatra (“è l’unica mia sera al mese di carne rossa”). Fuori, sul terrazzo, la coppia convocata per l’appuntamento al buio approfitta del litigio per un flirt non mediato dai social: “Perché quei due sono sposati e noi due no?”.

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