(foto EPA)

un foglio internazionale

Il sostegno a Hamas ha portato a galla le contraddizioni del wokismo

Il 7 ottobre, con la ripercussione di ciò che è accaduto nei milieu universitari, ha rappresentato una svolta per il movimento. L'articolo del Figaro

"Il picco del wokismo è alle nostre spalle o davanti a noi?”, si chiedeva lo scorso settembre l’editorialista conservatore del New York Times, Ross Douthat, pochi giorni prima degli attacchi di Hamas – scrive l’editorialista del Figaro Eugénie Bastié. In Francia, il giovane saggista Pierre Valentin, nel suo libro “Comprendre la révolution woke” (Gallimard), pubblicato nello stesso momento, si domandava: “Non si tratta di capire se l’ideologia si autodistruggerà, ma quando ciò avverrà”. Sembra che il momento dell’autodistruzione sia arrivato. Il 7 ottobre, con  le ripercussioni di ciò che è accaduto nei milieu universitari, ha rappresentato senza alcun dubbio una svolta. Abbiamo infatti assistito a una furia parossistica che, attraverso i suoi stessi eccessi, ha dato il colpo di grazia a un movimento condannato alla marginalizzazione per via della sua radicalità e all’implosione in ragione della sua incoerenza. 

 

Le manifestazioni che hanno fatto seguito agli attacchi di Hamas nelle scuole più prestigiose del mondo occidentale, dove si sono visti studenti lanciare appelli all’intifada, esibire dei deltaplani sulle loro magliette per glorificare i terroristi, o professori affermare che “i coloni non sono dei civili”, hanno portato a galla la radicalità insensata del postcolonialismo, che giustificava l’orrore del terrore in nome di un presunto “diritto alla resistenza”. Ma anche le contraddizioni interne al wokismo. Abbiamo visto alcuni dirigenti di università (Harvard, Penn e Mit) giustificare con “il contesto” l’appello ad assassinare gli ebrei nei loro campus. Campus dove professori e studenti, negli ultimi anni, sono stati censurati per delle affermazioni innocue sul binarismo dei sessi. The Babylon Bee ha perfettamente riassunto l’affaire con un titolo satirico: “Alcuni studenti abbandonano una conferenza sulle micro-aggressioni per unirsi alla manifestazione ‘A morte gli ebrei!’”. Seconda insostenibile contraddizione: il grande silenzio delle neofemministe sugli stupri commessi da Hamas lo scorso 7 ottobre, che ha screditato definitivamente un movimento incapace di denunciare le violenze patriarcali quando queste sono commesse dai “razzizzati” (i non bianchi secondo la sociologia woke, ndr). Un postcolonialismo che giustifica la violenza e un neofemminismo che giustifica gli stupri: i paradossi dell’intersezionalità sono emersi alla luce del giorno. Questa incoerenza ne ha fatte scoprire alcune anche in Francia, e ha condotto alla marginalizzazione dei nostri woke, ossia la France insoumise (il partito della sinistra radicale guidato da Jean-Luc Mélenchon, ndr). Come riconosciuto dal diplomatico Gérard Araud il 7 ottobre: “Credevo che l’espressione ‘islamo-goscista’ fosse soltanto un’esagerazione. Dopo le reazioni ai fatti di Gaza, comincio ad avere dei dubbi”. Ma il 7 ottobre non ha fatto altro che portare a termine un processo di decomposizione che era già in corso da diversi mesi. Altri segni premonitori lasciavano intravedere la sconfitta del wokismo. Un esempio lampante era quello del naufragio del Centro di ricerca antirazzista aperto a Boston da Ibrahim X Kendi, autore del bestseller “How to Be an Antiracist”. Questo centro, finanziato principalmente da una donazione di diversi milioni da parte di Jack Dorsey, cofondatore di Twitter, ha licenziato tre anni dopo la sua nascita la quasi totalità del suo personale in seguito ad alcune malversazioni finanziarie. Sul piano giudiziario, il colpo fatale assestato alla discriminazione positiva lo scorso luglio da una sentenza dalla Corte suprema americana è una svolta storica che va contro il regime della diversità. Nel campo economico, l’effetto Bud Light, dal nome della birra americana che ha perso un terzo del suo fatturato dopo aver scelto un’influencer transgender in una delle sue pubblicità, ha segnato la fine dell’alleanza tra le grandi multinazionali e l’ideologia del gender e della razza. “Go woke, go broke”: il wokismo non paga più. È l’ammissione del nuovo direttore di Disney che ha affermato, dopo diversi fallimenti eclatanti di cartoni animati woke, che non bisogna fare dei film “con un messaggio” ma accontentarsi di far divertire le persone. Per la stessa ragione (naufragio culturale), la celebre marca di lingerie Victoria Secret ha annunciato lo scorso ottobre che avrebbe rinunciato alla sua linea “inclusiva” che includeva soprattutto delle modelle obese. Il wokismo non fa più paura. Lo scorso febbraio, Hogwarts Legacy, il gioco su Harry Potter, è stato attaccato da un manipolo di attivisti transessuali con un odio insanabile verso l’autrice di Harry Potter, JK Rowling. Risultato: le percentuali di vendita del gioco sono state superiori del 256 per cento rispetto al previsto.

(Traduzione di Mauro Zanon)

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