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Quanto è poco realista il realismo di chi parla degli “errori dell'occidente”

Nessuno ha imposto alla Russia un modello economico fallimentare e una politica autocratica dopo la caduta del Muro. Scrive Le Point

Ogni lunedì, segnalazioni dalla stampa estera con punti di vista che nessun altro vi farà leggere. A cura di Giulio Meotti


 

La guerra lanciata dalla Russia contro l’Ucraina è il risultato, quantomeno in parte, di un errore dell’occidente? – si chiede Luc de Barochez,  editorialista e capo della redazione Esteri del settimanale Le Point –. Intellettuali e politici francese riprendono senza sosta questa tesi presentata come “realistica”. Viene enunciata così: la Russia, come qualsiasi grande potenza, si protegge creando attorno a lei una zona di influenza. L’Ucraina è il fulcro di questa zona. L’occidente ha provocato e umiliato Mosca allargando la Nato verso l’est. Vladimir Putin reagisce a questa intromissione rimettendo con la forza il suo glacis protettivo. Dunque l’occidente ha la sua parte di responsabilità nel disastro.

 

L’idea è ispirata da Carl Schmitt, giurista nazista degli anni Trenta che invocava un mondo diviso in blocchi, ognuno dei quali dominato da una grande potenza che esercita dei diritti “naturali” sui suoi vicini. Ma nel nostro mondo del Ventunesimo secolo, questa teoria è anacronistica: ignora la sovranità dell’Ucraina; legittima l’imperialismo; nega l’aspirazione dei popoli alla libertà. E soprattutto è falsa, perché non combacia con la realtà degli ultimi tre decenni. La Russia deve prendersela solo con se stessa se non è riuscita a trovare il suo posto in Europa dopo la Guerra fredda. Ha conservato un modello economico fondato sui proventi del petrolio e del gas, che favorisce la corruzione e l’arricchimento dei fedeli del potere. Come conseguenza, c’è stata una deriva verso un modello politico sempre più autoritario, che soffoca la società civile, reprime l’opposizione e mette il bavaglio ai media. In queste condizioni, il modello democratico occidentale diventava un nemico che bisognava screditare e destabilizzare con operazioni di influenza e di disinformazione. Il vero errore degli occidentali è quello di aver sottovalutato le ambizioni imperiali del capo del Cremlino. Hanno fatto tanti sforzi per ammansire la Russia senza rendersi conto che continuava ad allontanarsi da loro! L’hanno integrata nella globalizzazione. Le hanno dato dei guadagni strategici con i gasdotti Nord Stream 1 e in seguito Nord Stream 2.

 

Hanno bloccato le domande di adesione alla Nato dell’Ucraina e della Georgia. Non hanno mai smesso di proporle dei dialoghi e dei partenariati, nonostante le dimostrazioni di forza russe in Moldavia, in Georgia, in Ucraina e in Bielorussia. Nel 2019, cinque anni dopo l’annessione della Crimea, Emmanuel Macron, offriva a Vladimir Putin una riflessione comune sull’architettura securitaria del Vecchio continente. Ciò che il despota russo non ha sopportato non è che l’Ucraina installasse sul proprio territorio delle basi Nato e dei missili puntati verso Mosca, poiché non è mai accaduto. Ma che scegliesse la libertà. L’aggressione russa del 2014 non è stata del resto una risposta contro la Nato, ma contro l’accordo di associazione che Kyiv siglava con l’Unione europea. Il vero nemico di Putin non è l’apparato militare occidentale, ma la democrazia liberale, la cui attrattività minaccia il suo potere. Con lucidità, il grande pensatore francese del Ventesimo secolo Raymond Aron denunciava lo “pseudo-realismo” che “commette troppo spesso l’errore di confondere il realismo con la considerazione esclusiva dei rapporti di forza” (“Les sociétés modernes”, Puf).

 

I nostri pseudo-realisti contemporanei si sono sbagliati su tutta la linea. Il loro “realismo” pro-Putin non aveva previsto che il despota russo avrebbe fomentato una guerra d’invasione, né che l’Ucraina fosse una vera nazione, forte e fiera, né che i cittadini sarebbero stati pronti a difenderla imbracciando le armi, né che l’Europa avrebbe reagito all’aggressione come un unico uomo. Il vero realismo impone di prepararsi fin da ora a reinventare le vie di una coesistenza con la Russia. Questo paese resterà una grande Corea del Nord ripiegata su se stessa e ostile? O un giorno diventerà un paese aperto e rispettoso dei propri vicini? La scelta non appartiene all’occidente, ma al popolo russo e ai suoi dirigenti.

(Traduzione di Mauro Zanon)

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