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Un Foglio internazionale

La resistenza ucraina segna la rinascita della nazione nella storia europea

“L’Ucraina è un’invenzione dei bolscevichi”: Putin vorrebbe riscrivere mille anni di storia, ma sta ottenendo l’effetto opposto, scrive la Revue des deux mondes 

C’è la storia approvata e anche fabbricata da un regime, la storia ammessa, autorizzata per fini politici, che fa entrare i popoli nella tomba delle narrazioni ufficiali, congela la realtà e impone alla vita i colori freddi dell’agiografia – scrive Laurent Gayard –. E’ la storia raccontata dal regime russo a proposito dell’Ucraina: “L’Ucraina contemporanea è stata interamente e completamente creata dalla Russia, e più precisamente dalla Russia comunista, bolscevica. Questo processo è iniziato subito dopo la Rivoluzione del 1917, e Lenin e i suoi compagni hanno agito in modo poco rispettoso nei confronti della Russia: le hanno strappato una parte dei suoi territori storici”. 


Questo discorso, pronunciato il 22 febbraio, è lo stesso che Vladimir Putin ha sviluppato per iscritto nel saggio pubblicato il 12 luglio 2021, “Sull’unità storica di russi e ucraini”, negazione ostinata e sistematica dell’esistenza stessa dell’Ucraina come nazione e della possibilità per gli ucraini di affermarsi come popolo distinto dai russi. La fondazione della Russia kieviana, o “Rus’ di Kiev”, nel Nono secolo, non è più soltanto considerata come un’origine comune, ma issata a livello di atto fondatore mitico che, nello spirito dei dirigenti russi, e in particolare di Vladimir Putin, lega per l’eternità il destino dei due popoli. Dimenticati i sussulti della storia che pongono l’ex Rus’ di Kiev tra l’orbita e le ambizioni polacche, lituane e ottomane, dimenticato l’etmanato dei cosacchi ucraini del Diciassettesimo e del Diciottesimo secolo. Con un tratto di penna, il capo del Cremlino cancella nel suo breviario granderusso mille anni di storia che hanno forgiato l’identità ucraina alla stregua dello spirito russo. Nessuna scorciatoia è possibile in questa concezione delle cose che, molto semplicemente, riattualizza il panslavismo imperiale russo dell’inizio del Ventesimo secolo: l’Ucraina può esistere soltanto come satellite della grande Russia fantasticata da Vladimir Putin. 


E poi, accanto alla narrazione ufficiale, fabbricata dai dirigenti e messa a servizio della loro ideologia, c’è la vera storia, quella di un’effimera Ucraina indipendente tra il 1917 e il 1922, dei libertari di Makhno schiacciati dall’Armata rossa, quella della repressione staliniana e della carestia che ha accompagnato la “dekulakizzazione” degli anni Trenta, l’Holodomor, “lo sterminio per fame”, che costò la vita a più di tre milioni di ucraini tra il 1923 e il 1933, il terrore e le purghe staliniane che si abbatterono sul paese tra il 1937 e il 1938 e mandarono milioni di persone nei campi, e in seguito l’invasione nazista, la “shoah dei proiettili” e la resistenza dei partigiani ucraini la cui memoria viene insultata dal revisionismo di Putin, che oggi si permette di parlare di “denazificazione” dell’Ucraina. 


E c’è la storia dell’Ucraina, che continua a scriversi nel sangue, in questo momento, sotto i nostri occhi, mentre la macchina da guerra russa inciampa i primi giorni dell’invasione su una strenua resistenza ucraina e Vladimir Putin si dice pronto a tutto per schiacciare questo popolo che, a suo avviso, ha la sola colpa di esistere. Il peggio, forse, deve ancora venire, come ha affermato Emmanuel Macron dopo la sua ultima conversazione telefonica con il capo del Cremlino, il peggio, sì, perché dalla Cecenia alla Siria, da Groznyj ad Aleppo, abbiamo già visto la spietata Russia pronta a resistere a lunghi assedi e a radere al suolo intere città per avere la meglio. Confrontati al ricatto nucleare di Putin, è probabile che, in quanto europei, siamo condannati a osservare impotenti la messa in riga dell’Ucraina, senza poter fare altro che consegnare armi o viveri e accogliere dei rifugiati. Ma è anche certo che, nonostante tutte le sofferenze inflitte alle popolazioni civili, stiamo assistendo alla nascita, o piuttosto alla rinascita della nazione ucraina. Perché anche se la Russia ottiene, con determinazione, una vittoria effimera, e riesce a far scendere una nuova cortina di ferra attorno alle frontiere dell’Europa, la resistenza eroica dei suoi abitanti iscrive in maniera indelebile la rinascita della nazione ucraina nel libro della storia europea. 


La volontà del Cremlino di riscrivere con la forza questa storia, che nessuna colonna di carri armati e nessuna batteria di missili potrà fermare, fa al contrario uscire improvvisamente la Russia, facendola ripiombare nel grigiore del “sovok”, termine apparso nel linguaggio popolare russo degli anni Novanta per indicare allo stesso tempo l’“Homo Sovieticus”, il tempo congelato dell’ex Unione sovietica e anche, più prosaicamente, un badile. Le prossime settimane, i prossimi mesi, i prossimi anni ci diranno se stiamo entrando in una nuova guerra fredda, in un nuovo scontro ideologico a lungo termine, e se sapremo essere all’altezza della nuova e schiacciante responsabilità condivisa ora e per molto tempo con l’Ucraina martire.

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